o meglio, senza il nome, una cosa esiste ugualmente?
Due sono le posizioni: chi dice che una cosa esiste in virtù del suo nome (Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus, “la rosa esiste da prima del nome, delle cose abbiamo solo i nomi”) e chi, come Shakespeare, che esiste a prescindere dal nome. (“Una rosa è una rosa anche senza il suo nome”, Romeo sarebbe Romeo anche se non fosse questo il suo nome). E questa mi sembra l’idea più corretta. Le cose esistono, ed esistevano prima che nascesse il linguaggio. Il linguaggio è fondamentale per la conoscenza (il nome “mela” è associato all’oggetto mela), e poi per la comunicazione, nel senso, se io dico “rosa”, chi mi ascolta sa subito di cosa parlo. Ma la mia percezione della rosa posso spiegarla a parole? No. Esempio: il colore rosso io lo vedo rosso e tu lo vedi rosso. Ma nè io nè tu riusciamo a far “percepire” all’altro che rosso è, se è lo stesso punto di rosso o meno. I nomi delle cose servono a riconoscerle e a farle riconoscere, ogni nome è associato ad un’immagine, cioè l’immagine dell’oggetto che il nome “rappresenta”. Sono schemi, strutturati per conoscere le cose e per comunicare. Ma sono comunque, si può dire, dei “segni convenzionali”, utili e fondamentali per la comunicazione della “realtà tangibile” (il colore rosso), ma non del tutto efficaci per descriverne la percezione, cioè l’insieme di quelle “cose” intangibili (la percezione del rosso)– tipo sentimenti emozioni e sensazioni – collegate con la realtà e da essa dipendenti, che non possono essere schematizzate, nè spiegate a parole. E qui la faccenda si complica (come se finora fosse semplice
Conclusione: e non lo so mica qual è la conclusione. Mi sono confusa, ho perso il punto.
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Rieccomi. (ma come m’è venuto in mente). Riassumendo, una cosa è la realtà tangibile, un’altra è la percezione che ne abbiamo. I nomi sono fondamentali (senza non ci sarebbe nemmeno questo post
“Ma ora che sono molto, molto vecchio, mi rendo conto che di tutti i volti che dal passato mi ritornano in mente, più chiaro di tutti, vedo quello della fanciulla che ha visitato tante volte i miei sogni di adulto e di vegliardo. Eppure, dell’unico amore terreno della mia vita non avevo saputo, né seppi mai: il nome.“.
(succublog splinder, 12/10/2010)