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Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: la Liguria

Le 20 regioni italiane: la Liguria

4 province: Imperia, Savona, Genova, La Spezia

STORIA

La preistoria ligure è una delle più importanti dell’Italia. Dai vecchi studi dell’Issel si passa alle ricerche condotte dal Boule, dal Cartailhac e dal Verneau nelle grotte del principato di Monaco con la sovvenzione del principe Grimaldi verso la fine del secolo scorso. Furono scoperti resti di Homo sapiens.
Anche la lunga età di trapasso al Neolitico (Mesolitico) è nota da materiali scavati, ma ancora inediti. Le più antiche culture agricole sono attestate nelle caverne delle Arene Candide (Balzi Rossi) con il caratteristico vasellame decorato con incisioni a crudo, manufatti litici ed ossei. I gruppi di agricoltori si evolvono attraverso i contatti con le culture del fiume Tibisco, che raggiungono la Liguria. Sembra che la civiltà agricola sia finora quella che abbia dominato in con i suoi aspetti di cultura fino alla romanizzazione della regione.
Durante l’età del Bronzo e del Ferro non si hanno in gli aspetti culturali che caratterizzano le due età nel resto della penisola italiana.
Augusto costituì la regione nona, insieme ad una parte del Piemonte. Nel sec. VI la regione ebbe il nome di Alpes Cottiae. Subì saccheggi da parte degli Eruli e dei Goti per cadere poi sotto il dominio di Bisanzio e, dal 641, dei Longobardi. Non fu esente dalle incursioni saracene e normanne che devastarono le sue coste.
Nel sec. X risultava divisa in tre marche: arduinica, aleramica, obertenga. In età feudale sorsero marchesati e contee, tra cui quelle di Nizza e Genova.
Il primo comune fu quello di Genova che realizzò una larghissima espansione, identificando da allora la propria storia con quella di tutta la Liguria. Nel 1805 fu divisa in tre dipartimenti, sotto giurisdizione francese. Nel 1815, al congresso di Vienna, la Liguria venne aggregata al regno di Sardegna: i moti del 1821, del 1831, del 1834, carbonari e ispirati alla Giovìne Italia, vi provocarono severe misure repressive. Dette i natali a Mazzini, Garibaldi, Mameli e altri eroi del Risorgimento.

IN LIGURIA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

*”Boghe in scabecio”
Versione ligure del carpione. Si prepara friggendo pesci infarinati e quindi immersi in una marinata di aceto misto ad un soffritto di olio, cipolla, aglio, alloro, salvia e rosmarino.
*“Mesciua”
È un piatto caratteristico della zona di La Spezia, è costituita da ceci, fagioli e frumento cotti in acqua bollente e conditi con sale, pepe e olio d’oliva.
*“Piccagge”
È il nome dialettale delle fettuccine condite però con pesto o sugo di carciofi.
*Trenette al pesto
È il piatto più conosciuto, anche a livello internazionale. Nella versione classica, le trenette scure, di farina integrale, vengono lessate insieme a pezzi di patata e fagiolini verdi e al momento di servire, vengono condite con il pesto genovese.
*Stoccafisso “accomodato”
A base di stoccafisso, è la più classica delle ricette liguri. In un soffritto di olio, acciughe e aromi, si uniscono olive, pinoli e patate poi lo stoccafisso tagliato a pezzi..
*Verdure ripiene
La polpa dell’ortaggio prescelto, viene mescolata con uovo, mollica di pane, trito d’aglio, prezzemolo ed erbe aromatiche. In alcuni posti è prevista l’aggiunta di patate bollite e funghi secchi.
*Risotto al tartufo valbormidese
*Dolce di castagne

La Focaccia, fatta con farina bianca, lievito di birra, un bicchiere d’olio extravergine d’oliva, acqua e sale
La farinata, di farina di ceci, acqua, mezzo bicchiere d’olio extravergine d’oliva, sale e pepe
(grazie di queste due ultime segnalazioni  Come hanno fatto a sfuggirmi, specialmente la focaccia. Sono ghiotta di queste cose!) 

DETTI IN DIALETTO

Il dialetto ligure è particolare, sembra un misto di dialetti, prevalentemente settentrionali, ovviamente, ma con qualche inflessione che ricorda quelli meridionali. Sarà certo per la posizione geografica, discorso che vale per ogni tipo di linguaggio, ma per questa regione penso valga in modo particolare, perchè si tratta di una fascia costiera nel vero senso della parola, una regione che si sviluppa sul mare, piena di zone portuali e cantieri navali, e da sempre punto di approdo, commerciale e industriale, di estrema importanza. Questo ha senza dubbio favorito la mescolanza di inflessioni dialettali e linguistiche di ogni tipo.

A bellessa, ö fêugo e ö mâ fan l’ommo giastemmâ.
La bellezza, il fuoco ed il mare fanno bestemmiare l’uomo.

Panza affamà no sente raxon.
La pancia che ha fame non sente ragione.

Quando o gatto passaggia o ratto sta ascoso.
Quando il gatto passeggia il topo sta nascosto.

Sono nelle curve.
Sto attraversando delle difficoltà.

Chi l’è stæto brûxòu da l’ægua cäda, à puia da freida ascî.
Chi è stato bruciato dall’acqua calda, ha paura anche di quella fredda…

(succublog splinder, 15/12/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: la Valle d’Aosta

Le 20 regioni italiane: la Valle d’Aosta

Una delle 5 regioni a Statuto Speciale, che, sottostanno “costituzionalmente” a leggi non statali ma regionali , le quali possono essere modificate solo tramite la Costituzione.

1 provincia: Aosta

STORIA

Antichi documenti comprovano la presenza umana nella Valle d’Aosta durante il III millennio a.C. (nell’età Neolitica) che rivelano l’esistenza di aspetti culturali ed etnici comuni tra le popolazioni della Valle e della Svizzera Vallese. 
Un popolo proveniente dalle terre del cuore dell’Europa, i Celti penetrarono nella Valle tra i secoli VIII e V a.C.
Alla fine del I secolo a.C. ,l’arrivo dei Romani.
La progressiva Cristianizzazione della Valle d’Aosta diventa evidente dopo il IV secolo d.C. e nel V secolo Aosta conquistò la sede del Vescovo. Quelle strade costruite dai Romani successivamente accolse il passaggio dei Goti e poi dei Franchi, (sotto i quali la Val d’Aosta divenne parte del Sacro Romano Impero di Carlo Magno) dei Longobardi e dei duchi di Borgogna: fino a quando nel 1032 Umberto Biancamano divenne conte di Aosta.
I combattimenti e le contese ebbero finalmente fine quando la valle entrò in possesso dei Savoia. 
Nel 1191,  fu firmata la Charte des Franchieses: un patto bilaterale – stipulato tra il conte “Tommaso I di Savoia” e la cittadinanza di Aosta – che riconosceva alla regione franchigia, diritti e una certa autonomia.
Questo fu il primo passo della Regione Val d’Aosta verso l’ “Autonomia”, rimasta viva attraverso i secoli anche nel linguaggio dialettale. Nel 1536 nacque, in seno all’assemblea Des Trois Etats, il Conseil Des Comis presieduto dal Vescovo di Aosta, vero organo di governo, che costituì una sorta di anticipo del Consiglio Regionale della Valle d’Aosta.
Le condizioni economiche e sociali della Valle d’Aosta peggiorarono durante I secoli XVI e XIX, a causa della decadenza del commercio, delle epidemie (la peste nel 1630) e delle guerre (dall’occupazione della Francia alle campagne di Napoleone). Incorporata nella Repubblica francese in 1798, la Valle d’Aosta fece parte dell’ Impero Francese tra il 1804 ed il 1814.
Con la restaurazione della monarchia di Savoia (ed il Congresso di Vienna), la Valle d’Aosta fu restituita al ricostituito Regno di Sardegna, che nel 1861 divenne il Regno d’Italia (quando Nizza e la Savoia furono annesse alla Francia. 

IN VALLE D’AOSTA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* Ricca di formaggi e latticini;
*”Fonduta”
*”Gnocchi alla bava”
*”Polenta concia”
*”Zuppa alla valligiana”
*”Carbonata”
*”Costolette alla valdostana”
*”Pollo alla valdostana”
*”Caffè alla valdostana

DETTI IN DIALETTO

Il dialetto valdostano poco e niente ha a che fare con l’italiano.  E’ praticamente francese.

Oeuf d’une heure, pain d’un jour, vin d’un an.
Uovo di un’ora, pane di un giorno, vino di un anno. In poche parole, il meglio!
A Santa Lucia lo pa de la fourmia.
A Santa Lucia il passo della formica. L’allungarsi del giorno è impercettibile.
Rouges muages à l’aurore de la pluie encore.
Nuvole rosse all’aurora pioggia ancora. In Italiano: rosso di mattina la pioggia s’avvicina.
Quan la rosà reste gran ten su l’erba l’est segno de be ten.
Quando la rugiada rimane a lungo sull’erba è segno di bel tempo.
Grenouille qui saute le soir fait mauvais temps prévoir.
Rana che salta alla sera annuncia cattivo tempo. Sembra però che non tutti concordino su questo detto.
Quan le sadzo son venu lon, vindret bie de nei l’iver.
Quando i salici sono cresciuti molto, nevicherà molto in inverno.

(succublog splinder, 13/12/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: il Piemonte

Le 20 regioni italiane: il Piemonte

8 province: Verbania, Biella, Novara, Vercelli, Torino, Asti, Alessandria, Cuneo

STORIA

Abitato fin dall’età neolitica, nel I millennio a.C. fu occupato dalle popolazioni celtiche o [liguri– dei Taurini e dei Salassi, successivamente sottomessi dai Romani (220 a.C.), che fondarono colonie come Augusta Taurinorum (l’odierna Torino) ed Eporedia (Ivrea). Dopo la crisi della parte occidentale dell’impero la regione divenne sede d’incursioni, scontri e conquiste da parte di Odoacre, dei burgundi, dei goti (V secolo d.C.), dei bizantini, dei longobardi (VI secolo), dei franchi(773), conservando però una certa autonomia. Nel IX e X secolo subì le nuove incursioni degli ungari e dei saraceni. Amministrativamente divisa in contee e marche, fu in parte riunificata nell’XI secolo da Olderico Manfredi, e le lasciò in eredità al genero Oddone di Savoia.   Il processo di riunificazione del Piemonte sotto i Savoia richiese diversi secoli, per  l’intervento di potenti signori esterni, come i Visconti (XIV secolo); infine per il coinvolgimento della regione nelle lotte fra gli Asburgo e i Valois per l’egemonia in Italia e in Europa (XVI secolo). Solo dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559) Emanuele Filiberto e i suoi successori poterono avviare il processo di definitiva riunificazione, ultimato nel 1748 con la pace di Aquisgrana.
Dopo la parentesi della dominazione napoleonica (1796-1814), il Piemonte seguì i destini del Regno di Sardegna ed ebbe un ruolo centrale nel Risorgimento italiano e nella costruzione del nuovo stato unitario (1861), che ne derivò la struttura giuridica e politica (Statuto Albertino del 1848) e il personale amministrativo.

IN PIEMONTE SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

*Bagna Caoda, minestra, o meglio, intingolo, a base di acciughe, aglio e olio

*Soma, un altro antipasto molto noto del Piemonte, che viene accompagnato a chicchi d’uva.

*fagioli all’astigiana con condimento a base di Barbera

*salamini del Mondrogne

*Risotto al Barolo

*Brudera, un risotto in brodo con carne e sangue di maiale e carne di gallina

*Sciüghèt, una minestra con latte e vino rosso, nella quale viene aggiunta farina

*Paniscia di Novara, risotto cucinato con l’utilizzo di diversi tipi di carni di maiale e con i prodotti dell’orto

*brasato al Barolo, manzo cotto con verdure e spezie

*coniglio all’astigiana

*Polenta di Marengo realizzata con mandorle e farina di mais

*Gianduiotto

*Giacometta, antesignana della nutella

*Amaretti di Saronno ed i Crumiri di Casale di Monferrato

*Torta de San Pedar, in cui l’ingrediente principale è il pane raffermo

*Savoiardi, biscotti all’uovo

*torta Savoiarda, una torta con crema d’uovo e zucchero

*Baci di dama

DETTI IN DIALETTO

Confermo l’idea che l’Italia è linguisticamente suddivisa in 3 parti, delle quali la centrale (Toscana principalmente) è caratterizzata dall’italiano vero e proprio, che si è evoluto dal latino-romano, mentre le altre due, settentrione e meridione, tramite i dialetti, hanno sviluppato praticamente due linguaggi a sè. Anche se a lettura attenta la base comune si nota.

A boce ferme a s’ avrà chi guadagna
A bocce ferme si saprà chi vince
A forsa ‘d nuiusé cáich cos a s’ gava sempre
A forza d’importunare qualcosa si ottiene
A-i-e- nen bela scarpa c’a dventa nen brut savat
Non esiste bella scarpa che non diventi ciabatta
A s’ fa gnún matrimoni sensa c’a s’ fica ‘l demoni
Non si fa un matrimonio senza che ci si ficchi il demonio
Ese cùm l’asu al sùn d’la lira
Stupido come l’asino al suono della lira

Anleva i to fieui da pover s’ì-t-i veuli rich e cuntent
Se vuoi ricchi e contenti i tuoi figli, allevali da poveri
Un batocc a peul nen serve per due cioche
Un battaglio non può servire per due campane
(succublog splinder, 9/12/2010)
Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su 5/12/2010 L’importanza del Natale

5/12/2010 L’importanza del Natale

La celebrazione della giustizia.

Per chi ci crede e per chi no, e al di là della religione e della fede,  il Natale parla innanzitutto di una nascita, di qualcuno che in un modo o in un altro, che si accetti o meno, ha segnato la storia dell’umanità. Da un punto di vista storico non è facile parlarne, perchè la storia in sé è stata ricoperta da strati e strati di leggenda e mito, in secoli e secoli, per cui ormai è ovviamente difficile individuarla. La fuga da Erode, la cometa, il viaggio fino a Betlemme, i Re Magi. Storicamente la strage degli innocenti c’è stata. Il resto non è certo. Come dell’esistenza di quest’uomo, sul quale c’è un solo riferimento storico, da parte di  (correggo:)Tacito, che, parlando della Galilea, lo definisce (sempre che sia lui) “un taumaturgo che solleva le folle”.
Ma personalmente è lui che vorrei valorizzare, però non a livello di “predica religiosa”, che detesto, ma come uomo. A lui questo non piacerebbe, perchè non ha fatto altro che ripetere di essere uguale a tutti gli altri, figilo di Dio sì, ma come tutti noi. Non ha fatto altro che dire questo, che siamo tutti uguali. Ci facciamo la guerra dando importanza a cose che non hanno nessuna importanza, giudicando e classificando gli altri in base a quello che hanno e non a quello che sono. Ci ha mostrato quanto siano inutili le guerre, quanto sia ingiusto giudicare dal momento che tutti abbiamo una stessa sorte, e nessuno ha diritto alla libertà più di un altro. Ci ha fatto vedere “l’Uomo”, nel tentativo di farci capire dove sbagliamo (ma non mi pare che l’abbiamo capito). Quello che ha vissuto ci ha dimostrato che il mondo è dei prepotenti, che se non la pensi come loro arrivano a toglierti di mezzo (mi domando cosa sia cambiato da allora…). Ci ha detto che siamo tutti legati, tutti figli di una stessa fonte, di cui lui si è fatto carne (e noi carnefici) con gli stessi diritti e un solo dovere: rispettare i diritti degli altri che sono i nostri stessi diritti. Ci ha detto che siamo liberi di decidere, chi essere e cosa fare, e anche se credere o meno, senza mai farci influenzare dalle sciocche e inutili parole di bigotti e opportunisti. Ci ha insegnato ad aprire la mente. Non è venuto ad imporci la fede, ma ad insegnarci ad averne, a dimostrarci cos’è l’amore (fede e amore sono strettamente coincidenti). La fede non si inculca, né si tramanda, né tanto meno si impone, tentare di farlo attraverso i riti che, ripetuti a memoria, diventino abitudini è solo un’illusione. La fede c’è o non c’è. Si arriva a sentirla, come l’amore. Che male ha fatto, quindi?  E’ questo che ci ha detto, eppure per questo è morto. Un’ingiustizia esemplare, morire per le proprie idee.
La fede è personale, come l’amore. E’ comprensione per gli altri per il semplice fatto che siamo tutti uguali. Io credo. Ma la mia fede non si basa su riti e abitudini né su forme spirituali magari vendicative che impongono di credere attraverso la paura (chi pecca va all’inferno) – cioè quelle degli “scribi e farisei” e dei “sepolcri imbiancati”.  La “mia” fede si è confermata e radicata proprio sul “fatto” che si trattava di un uomo come tutti. Il punto è che non lo era, solo un uomo, e noi ancora non lo capiamo, purtroppo. Motivo per cui molto pensano che il Natale sia solo commercio e sperpero (anche in questo caso dipende sempre dall’animo con cui si affronta e si vive…come la fede).
Ecco perché ritengo il Natale fondamentale.

(da succublog splinder)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: l’Emilia Romagna

Le 20 regioni italiane: l’Emilia Romagna

9 province: Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì, Rimini

STORIA

Nel II secolo a.C. si costruì in onore del console romano Marco Emilio Lepido una strada che collegava Rimini a Piacenza e si chiamò Aemilia. Da questa strada è stato dato il nome alla Regione. Nel VI secolo d.C. i Romani persero questo territorio che venne spartito tra i Longobardi e i Bizantini, chiamando rispettivamente queste terre Longobardia e Romania. La zona dell’attuale Romagna era di dominio bizantino. Con l’unità d’Italia, alla Regione venne ridato il nome originario di Emilia. Solo nel 1947 è stato assegnato l’attuale nome di Emilia Romagna.
Questa regione, abitata fin dall’antichità, ottenne una vera e propria organizzazione politica verso la fine del VI secolo, con l’espansione etrusca sulle rive del Po.
All’inizio del IV sec. a.C., l’invasione celtica minò la prosperità della regione, e nel III a.C., i Romani la acquisirono e la ordinarono in provincia insieme alla Liguria.
Augusto ne fece la sua VIII regione, col nome appunto di Emilia.
Nel V sec. d.C., Onorio trasportò la capitale a Ravenna (402), e la parte orientale dell’Emilia, che prese poi il nome di Romania (Romagna), divenne il centro politico dell’Impero d’Occidente, ormai giunto al suo declino.
Con i re carolingi (754-774) la regione fu messa sotto la giurisdizione papale, fino a passare definitivamente nelle mani della Chiesa, verso la fine dell’XI secolo.
Nel periodo dei comuni, Bologna, Piacenza, Modena e Reggio ebbero un notevole sviluppo dovuto certamente alla presenza di grosse correnti di traffico commerciale, ma presto si distrussero vicendevolmente in lotte e rivalità; in particolare, in seguito alla discesa di Federico Barbarossa, alcuni aderirono alla Lega Lombarda (1167), e altri sostennero l’Impero.
Il governo pontificio tentò di affermarsi con il cardinale Albornoz (1353-1367)
Durante le guerre del XVI sec. la valle del Po fu il punto nevralgico della politica italiana, divisa com’era tra Stato pontificio, Impero e signorie Estensi.
Durante i conflitti europei dei secc. XVII e XVIII, i vari Stati subirono diverse invasioni, e nel 1731, dopo l’estinzione della famiglia Farnese (subentrata a quella Estense), a Parma e Piacenza subentrarono i Borboni.
Nel 1797, dopo la pace di Campoformio, l’Emilia (salvo Parma lasciata ai Borboni) e la Romagna entrarono nella Repubblica Cisalpina, che nel 1802 diventò Repubblica Italiana, fino al 1805, quando Parma e Piacenza furono annesse alla Francia e il resto entrò nel Regno Italico.
Il congresso di Vienna restaurò gli equilibri di potere e il dominio temporale della Chiesa, e la partecipazione degli emiliani ai moti risorgimentali fu estremamente intensa, attraverso congiure e operazioni militari.
Fallito il tentativo di unirsi al Piemonte nel 1848, la fusione tra Emilia-Romagna e Regno d’Italia avvenne tra il 1859 e il 1860.

IN EMILIA ROMAGNA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* Borlengi, ostie composte da latte ed uova,
* le chizze reggiane, fagottini fritti farciti di grana da gustare caldi.
* Erbazzone, una variante della più nota pizza con le verdure della tradizione partenopea, con spinaci ed insaporita con cannella.
* la deliziosa mousse di Mortadella
* 
la Tigella, un tipico pane misto cotto su speciali pietre 
* la torta fritta, a base di farina.
* i prosciutti
* patria del Tortellino, dei cappelletti, delle tagliatelle.
* Il sugo alla bolognese è composto oltre che da pomodoro, da carne macinata, cipolla, carote e sedano. La variante più tipica prevede l’aggiunta di panna al momento in cui la pasta viene unita al condimento.
* Gli anolini di carne parmensi ed i cappelletti all’emiliana vengono preparati con brodo di carne e sono entrambi bon bon farciti di carne e formaggio.
* le lasagne al Forno alla Ferrarese ed il timballo: in uno splendido connubio di panna e ragù di carne, con tanto parmigiano e aggiunta di latte.
* I passatelli reggiani, cotti in brodo, invece, sono costituiti da una sbriciolata di uova e pane grattato con aggiunta di formaggio che viene cotta direttamente nel brodo.
* il brodetto di pesce.
* il capretto, a Reggio Emilia è il Coniglio alla reggiana il “secondo piatto forte”.
* dolci: il Burlengo romagnolo. È costituito da una miriade di ingredienti, tra cui primeggiano riso, farro e orzo oltre a mandorle e noci.
* la Bracciadella reggiana, simile alla più classica delle ciambelle. Una delizia, la Bonissima, torta ripiena di noci e miele e ricoperta di cioccolato. Tipico del capoluogo il pan speziale bolognese con zucchero, pinoli mandorle e spezie varie.
* a Reggio Emilia si può assaggiare la spongata di Natale, una torta dal ripieno ipercalorico, ricco di spezie a base di miele, noci, mandorle insaporito con cannella, noce moscata e chiodi di garofan.

DETTI IN DIALETTO
E’ da qui che iniziano a farsi sentire inflessioni dialettali totalmente diverse rispetto al sud, decisamente molto più vicine a quelle dell’Italia Settentrionale. Particolare interessante è che nella zona centrale predomina l’italiano vero e proprio, quasi a creare una linea di stacco, mentre andando verso giù o verso su, i dialetti si stringono molto, fino a diventare in alcuni casi decisamente incomprensibili. Questo dimostra ulteriormente che la lingua tende a svilupparsi, ad evolversi, in ambiti geografici strettamente limitati. E se oggi non ci fosse tanta possibilità di comunicazione con l’esterno, avremmo molto probabilmente dialetti “rionali”, di quartiere. Molto molto interessante la questione linguistica.

La brasúla ‘d chijtar la pê sempar pió granda
La braciola degli altri pare sempre più grande 
U j è ch’magna par campê e chi ch’magna par s-ciupê
C’è chi mangia per campare e chi mangia per scoppiare

Quand che la vójpa la s’invëcia al galeèn a gli chéga int e’ mus
Quando la volpe s’invecchia, le galline le cacano sul muso

S’a m’met’a fé e’ capler la zenta la nëss senza la tësta
Se mi metto a fare i cappelli, la gente nasce senza la testa
S’u n’ sbagliess neca i sapient, u n’i sareb piò post par ij ignurent
Se non sbagliassero anche i sapienti non ci sarebbe più posto per gli ignoranti

E’ pass par quant l’è longh la gamba, e’ bcôn par quant l’è lêrga la boca
Il passo per quanto è lunga la gamba, il boccone per quanto è larga la bocca

(succublog splinder, 3/12/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su 1/12/2010 Oggi inizia l’Avvento

1/12/2010 Oggi inizia l’Avvento


(e ancora non ho finito le casette per i miei nipoti )
Ho parlato di Halloween, e parlerò di tutte le festività fondamentali, o “feste comandate”, Natale in prima fila. E’ comunque la ricorrenza di un evento che vuoi o non vuoi ha segnato l’umanità, la semplice e naturale nascita di un bambino che però ha cambiato tutto. Al di là delle credenze religiose, o di chi non ci crede – ed è libero di farlo – si tratta lo stesso di qualcosa che ci riguarda tutti: la nascita. Personalmente ho di questa festa ricordi bellissimi, di vera gioia e serenità, non per i regali, ma per lo spirito che mi circondava. Per dire, mia nonna – contraria a sprechi e sperperi, reduce dalla vera fame e povertà della guerra – faceva ogni anno l’albero con le stesse palline, e il presepe con le stesse statuine, anche se erano ammaccate, o spaccate (visto che noi ci giocavamo). E se ricevevamo un regalo in più, lei lo metteva via per rincartarlo l’anno dopo e mettercelo sotto l’albero. Eppure per noi era bellissimo. Non ho vissuto l’aspetto commerciale del Natale, quindi. Ma ero contenta, di aspettare tutto l’anno l’arrivo di questo giorno (anzi di questa notte), anche più che del mio compleanno. Penso e ho sempre pensato che sia non altro che la festa dei bambini, della venuta al mondo, quindi cos’altro può riguardarci tutti se non questo? Ed è così che vorrei che la vivessero i miei nipoti, regali sì, per essere qui, cosa che dà felicità a noi che li amiamo e a loro che ci sono, ma non troppi nè solo questi. Dovrebbero viverlo capendo cos’è l’amore, la vita, non le ansie perchè “bisogna” (per forza) scambiarsi regali. Non è mica un obbligo. Vorrei che capissero il vero spirito di questa festa, che sapessero chi sia stato e cosa ha fatto Gesù “come uomo”, e gioire di questo, per poi, crescendo, trasmettere questa serenità ai loro figli, e questi ai loro figli. E vorrei che continuassero a credere in Babbo Natale e nella Befana, perchè che male c’è se ci credono? Sono sogni di bambino  i sogni non fanno mai del male, e NON  DEVONO MAI ESSERE INFRANTI.  Si può credere in ciò che si vuole, o non credere a niente. Ma resta un fatto che il Natale rappresenta la gioia di essere nati, di essersi incontrati (motivo per cui ci si scambia il regalo – non ci sono obblighi), per poter condividere quello che tutti abbiamo, cioè la vita.
Metterò un post sul Natale, con notizie storiche più che religiose.

(da succublog splinder)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: la Toscana

Le 20 regioni italiane: la Toscana

Verso la parte alta dello stivale.

10 province: Massa, Lucca, Pistoia, Pisa, Livorno, Prato, Firenze, Arezzo, Siena, Grosseto

STORIA

Le prime tracce certe della presenza umana risalgono al II millennio a.C.
Verso l’IX secolo a.C. appaiono le prime testimonianze della presenza degli Etruschi. ed è da essi, che l’attuale regione prese il nome di Etruria. Nel III secolo a.C. gli Etruschi furono sconfitti dalla potenza militare dei Romani
Dopo la caduta dell’Impero Romano la regione passò attraverso varie dominazioni . Nell’XI secolo il Marchesato passò ai feudatari Canossiani.  A quella famiglia apparteneva la famosa Contessa Matilde di Canossa.
Attorno al XII secolo inizia il periodo dei liberi Comuni, e Lucca diventa il primo comune in Italia. Nascono le prime forme di democrazia partecipativa e le associazioni di arti e mestieri. 
Tra il Trecento e il Quattrocento la Toscana, ed in particolare la città di Firenze, diedero un determinante contributo al Rinascimento Italiano. La fioritura dei commerci portò in alcune città della regione alla nascita delle banche (Firenze e Siena in primis). Durante il XV secolo salì al potere la famiglia Medici .. In questo momento quasi tutta l’area toscana,era sotto la signoria fiorentina. La famiglia Medici regnò sopra la Toscana ininterrottamente fino al 1737.

Il Granducato di Toscana poi  passò alla famiglia dei Lorena,. La più importante innovazione voluta dai Lorena, fu l’abolizione  della pena di morte nel Granducato di Toscana dal 30 novembre 1786 ed, è stata istituita in tempi recenti la Festa della Toscana, che si tiene ogni anno nel giorno di tale anniversario. L’unica interruzione alla sovranità lorenense fu la parentesi napoleonica che durò fino al 1814.
Si ebbe anche in Toscana la nascita de ´ l´idea di una “nazione italiana”: i “grandi toscani” divennero “grandi italiani” e DantePetrarcaBoccaccio,  Machiavelli e Galilei, vennero “arruolati” come simboli di una “Italia” da far “rinascere”.
Fu così che la Toscana divenne uno dei centri più importanti del movimento indipendentista e risorgimentale italiano. così che dara´ nel XIX secolo in dote al giovanissimo Regno d’Italia il suo immenso patrimonio culturale ed ideale, e per alcuni anni anche la capitale Il  periodo lorenense fu  per la Toscana un periodo illuminato, con la riforma dell’ordinamento giudiziario, con la costruzione delle prime ferrovie, la creazione del catasto e la bonifica della Maremma.
Il passaggio dal Granducato di Toscana allo Stato Unitario Italiano fu frutto di una incruenta rivoluzione.
Nei giorni 11-12 marzo 1860 fu celebrato un plebiscito, che confermò l’unione della Toscana alla monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II. La Toscana fu così annessa al Regno di Sardegna e quindi al nascente Regno d’Italia. In attesa del trasferimento della capitale a Roma, cosa che avvenne dopo la conquista savoiarda della città nel 1870Firenze ospitò il governo della nazione per cinque anni.

IN TOSCANA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE
(molta tradizione medievale anche qui)
– ho appena scoperto che i toscani sono definiti i “mangiafagioli”, di cui sono veri intenditori.
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*  il pecorino delle Crete Senesi 
* Finocchiona made in Chianti Gustoso salume caratterizzato dall’aroma del finocchio selvatico,
* i pici che sono deliziosi spaghetti fatti a mano
* 
la trippa alla senese 
* crostini di fegatini
 fettunta (pane toscano abbrustolito e insaporito con aglio e olio d’oliva)
* la pappa al pomodoro e la ribollita
* la panzanella, un’insalata di pane raffermo e ortaggi fresch
* la bistecca alla fiorentina,
* Se non vi piace la carne al sangue, una gustosa alternativa è la rosticciana
* verdure fritte miste – zucchine, carciofi, fiori di zucca, foglie di salvia…
* la trippa alla fiorentina
* il cacciucco
* zuccotto (gelato e pan di spagna)
* ‘cantucci di Prato‘ alle mandorle in mezzo bicchiere di Vin Santo dolce o secco
* i ricciarelli di pasta di mandorle, i cavallucci con miele, farina, canditi e spezie
* Il panforte, dolce invernale di mandorle, noci e frutta candita acquistabile nelle pasticcerie senesi.
* 
le coppate di miele cotto con noci, chiuso tra due ostie

DETTI IN DIALETTO
praticamente italiano. 

Non mi dare, non mi tòrre e non rilegare quando son molle.
La vite deve essere legata quando è asciutta

Tutto il rosso non son ciliegie.
L’apparenza inganna.

Il vino nel sasso e il popone nel terren grasso.
Le viti nei terreni sassosi e il melone nei terreni argillosi.

Baccalà, fegato e ova. Più che coce e più s’assoda
Baccalà, fegato e uova più cuociono e più diventano duri.

Tutt’i gusti sò gusti, disse quello che succhiava ‘n chiodo arrugginito.
Tutti i gusti sono gusti disse quello che succhiava un chiodo arrugginito

Tanto si ‘n tenti tu, tentan tant’altri!
Tanto se non tenti tu, tentano tanti altri! Ogni lasciata è persa.

O Tito, tu t’ha ritinto ‘l tetto ma tu ‘n t’intendi ‘n tetti ritinti.
Tito, hai ridipinto il tetto, ma non t’intendi di tetti ridipinti.

(succublog splinder, 30/11/2010)
Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: l’Umbria

Le 20 regioni italiane: l’Umbria

Il centro geografico dello stivale.

2 province: Perugia, Terni

STORIA

L’Umbria ha origini antichissime. La regione era abitata dalla popolazione italica degli Umbri,  Devastata gravemente nei primi secoli del M. E. dalle invasioni barbariche,  fu, a partire dalla fine del sec. VI, divisa in due parti, una longobarda, che formò il ducato di Spoleto, e una bizantina, costituita dal ducato perugina, via di comunicazione tra l’Esarcato e la Pentapoli da una parte e il ducato romano dall’altra.
Nel sec. VIII i territori ex-bizantini passarono sotto la sovranità pontificia, che più tardi fu riconosciuta anche dai duchi di Spoleto.
Contemporaneamente sorgevano in Umbria le prime signorie locali e vi intervenivano altri potentati italiani, come Gian Caleazzo Visconti (1400).
Restaurato del tutto nel 1814 il dominio pontificio, dopo aver fatto parte, durante il periodo napoleonico dell’impero francese, nel 1831 la regione partecipò attivamente ai moti liberali delle Romagne e nel 1849 aderì alla repubblica romana. Dopo l’occupazione delle truppe austriache, un moto antipontifìcio, scoppiato a Perugia nel 1859, venne crudelmente represso. Occupata nel 1860 dalle truppe piemontesi, l’Umbria entrò a far parte dopo il plebiscito, del regno d’Italia.

IN UMBRIA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE
(tradizioni medievali)

* spaghetti alla norcina
* spiedini spoletini
* 
crostini con salsa tartufata
* tegamacci di anguille e persici
* prosciutti e salsicce
* scamorza, i pecorini stagionati, i formaggi di fossa o quelli alle erbe e il tipico formaggio al tartufo.
* varietà di pane: Il Pan caciato, il Pan nociato, il Pane casereccio, il Pane di strettura, il Pane di Terni, la pizza di Pasqua e la Torta al testo.
* dolci: torciglioni di mandorle macinate, il panpepato, il Torcolo di San Costanzo (delizia tempestata di canditi, uvetta e anice), la pinoccata a base di pinoli, la ciaramicola (simbolo di Perugia, dal cuore rosa) e il faratu de fare (sanguinaccio di farro). Come dimenticare il bacio….di cioccolato Perugina, naturalmente.

DETTI IN DIALETTO

Essendo incastonata tra Lazio, Toscana e Marche, l’Umbria linguisticamente subisce l’influenza delle regioni confinanti, evolvendo una equa mescolanza.

Chi ccià la mojie bella sempre canta e chi ccià pochi quatrini sempre conta.
Chi ha la moglie bella canta e chi ha pochi denari li conta sempre.(Terni)
Chi rubba ccià la robba, chi lavora ccià la gobba.
Chi ruba ha la roba, chi lavora la gobba.(Terni)
Finirno i pregiutti anche ta Sorbo
Sono finiti i prosciutti anche a Sorbo (c’è rimasto poco di ciò che c’era all’inizio)(Perugia)
Chi se rinnova lu giornu de Maria, è libiru da ogni maladia.
Chi indossa l’abito nuovo il giorno di Maria, è libero da ogni malattia.(Terni)
L’avaru è come lu porcu, è bonu quann’è mortu.
L’avaro è come il maiale, è buono quando è morto.(Terni)

(succublog splinder, 30/11/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: le Marche

Le 20 regioni italiane: le Marche

il polpaccio dello stivale.

4 province: Pesaro, Ancona, Macerata, Ascoli Piceno

STORIA

Nell’antichità la regione era occupata dai Galli a nord e dai Piceni. A partire dal III sec. a.C. cominciò la sua romanizzazione. Suddivisa dapprima in due regioni, la V (Piceno) e la VI (Umbria), venne riunita nel 292 d.C., ma più tardi ebbe altre spartizioni amministrative.
Mentre i Longobardi si stanziano nella parte a sud di Ancona, l’esarcato di Ravenna controlla quella a nord (Pentapoli marittima), che più tardi i Franchi passano in donazione al Papa (752). Nel X sec. appare il nome di Marca a indicare zone d’influenza imperiale: prima la marca di Camerino, poi quella di Fermo, ingrandita dall’aggiunta del territorio di Ancona. Malgrado la potenza del feudalesimo laico ed ecclesiastico (vescovi e abbazie), molte città si costituiscono in libero Comune.
A partire dal sec. XIII affermano e via via consolidano il loro potere varie famiglie signorili, come i Montefeltro (a Urbino, Cagli, Fossombrone), i Da Varano (a Camerino) e infine i Malatesta (da Pesaro a Osimo). Ma il Papato, sulla base degli antichi diritti, cerca di imporre su tutto il territorio la sua autorità, ora lottando ora accordandosi con i comuni, i feudatari e i signorotti; già nel XIV sec., grazie all’energica azione del cardinale Albornoz, controlla direttamente o indirettamente molte città e castelli; poi, dopo gli effimeri domini di Francesco Sforza (1433-44) e del Valentino (inizi del ‘500), completa l’assoggettamento della regione occupando il comune di Ancona (1532), quindi il ducato di Urbino (1631), dove i Della Rovere, successi ai Montefeltro, si erano estinti. Allo Stato pontificio le Marche rimangono, tranne la breve parentesi del periodo napoleonico, fino all’annessione al Regno d’Italia, nel 1860.

NELLE MARCHE SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* brodetto, di cui esistono diverse versioni. Le più diffuse sono quella anconetana – a base di tredici qualità di pesce diverso – e quella di Porto Recanati, in cui il pesce viene cotto in uno speciale sugo a base di zafferano.
* 
frittelle di pesce persico
* 
antipasti a base di tartufi bianchi o neri
* 
gli spaghetti mari e monti, a base di calamari e funghi,
* 
la rana pescatrice e porchetta, a base di rana e fagioli.
* 
lasagne all´ascolana, condite con il tartufo bianco,
*i 
cappelletti in brodo di cappone,
*le 
tagliatelle con i calamari
* le molecche (code di scampi dal guscio tenero),
* la 
minestra di ceci e maiale
*le classiche tagliatelle al tartufo, rigorosamente bianco. 

* le sarde di Ancona, impanate e cotte al forno,
* il 
baccalà in bianco, con salsa verde a base di prezzemolo e lo stoccafisso, preparato in umido con patate o in `potacchio´, ossia brasato con pomodoro, acciughe, aglio, rosmarino, prezzemolo e peperoncino.

* la polenta costarella e salsicce
* 
la minestra di ceci e maiale,
*le 
uova fritte nel burro e cosparse di filetti di tartufo 
* 
l’insalata di funghi e tartufi.

* Dolci: le castagnole, palline di pasta dolce fritte in olio e strutto e spolverizzate di zucchero a velo,
* le 
beccute, pagnottine di pane dolce a base di farina e decorate con pinoli ed uva sultanina,
* i 
caciuni, ravioloni di pasta di pane riempiti con pecorino, uova, zucchero, e scorze di limone ,
* le 
ciambelle al mosto, fatte con farina, semi d’anice, olio, zucchero e mosto d’uva appena spremuto, 
* la 
cicerchiata, dolce tipico del carnevale, pressoché simile ai più celebri struffoli napoletani.
* pizza la formaggio

DETTI IN DIALETTO

Quant l’ost è tla porta, è segn ch’el vin è trist
Quando l’oste sta sulla porta è segno che il suo vino è cattivo
Chi en s’ cuntenta kl’onest, perd el manich e el canestr
Chi non si contenta dell’onesto perde il manico e il canestro
L’oro di Vologna se fa niro pe la vergogna
L’oro di Bologna si annerisce per la vergogna

Quel ch’ s’ fa d’ nott, s’arsà de giorn
Quello che si è fatto di notte si risà di giorno
Ll’oû pindu de Pasqua, le parole quanno casca
L’uovo dipinto va bene a Pasqua, le parole quando ci vogliono
Pô tené lo gra che spica? Cuscì la jende che non dica
Puoi impedire al grano di spigare? Così alla gente di parlare


(succublog splinder, 26/11/2010)
Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: il Lazio

Le 20 regioni italiane: il Lazio

Questa regione merita in quanto  vero centro d’Italia, il fulcro. Perchè noi italiani siamo in realtà romani, l’Italia è Roma, non è nata nel 1860, ma è nata quando Romolo e Remo piazzarono le fondamenta di Roma. Siamo stati territorio di conquista, amati e odiati, tutti sono venuti qui, nessuno escluso, ma la vera Italia è Roma. Tanto più che la lingua italiana viene dritta dal latino, che è la lingua dei Romani.

5 province: Viterbo, Rieti, Roma, Frosinone, Latina

STORIA

C’è tanto da dire. Un popolo di conquistatori, che ha avuto l’enorme pregio di non imporsi ma sui conquistati, ma piuttosto di apportare civiltà dove non c’era, unificando mezzo mondo.
Il Lazio fu originariamente popolato da Ausoni, Volsci, Equi, Sabini, Falisci ed Etruschi. I Latini, popolazione indoeuropea proveniente dall’Asia minore o forse dall’attuale Ucraina, giunsero nel Lazio intorno al II millennio a.C. Con la battaglia di Ariccia i Latini spodestarono gli Etruschi dal controllo di Roma.
L’assoggettamento di altre città Latine, come ci ricorda la storia degli Orazi contro i Curiazi e la presa di Albalonga. In seguito Roma optò per una politica di inclusione delle altre genti ed entità politiche che andava conquistando: con la Lex Julia venne estesa alle città conquistate la piena cittadinanza. La storia del Lazio (Latium-Campania nella riforma augustea) coinciderà con i fasti della storia di Roma fino alla crisi e alla caduta dell’Impero (476).
Fra tumulti ed invasioni barbariche, alleanze oblique e l’influenza di Costantinopoli, crebbe sempre di più il potere temporale della Chiesa; grazie alla donazioni di Sutri ed ai rapporti fra papato e Longobardi si costituì progressivamente lo Stato Pontificio nel Lazio storico intorno all’VIII secolo. La crisi per la lotte delle investiture ebbe una prima, momentanea soluzione con il Concordato di Worms nel 1122; l’instabilità dello Stato Pontificio si ripresenta ancora all’epoca di Federico II, ed infine, in modo deflagrante con lo spostamento della sede papale ad Avignone e l’egemonia francese che durerà dal 1309 al 1377.Il governo dei papi prosegue nei secoli con l’unica eccezione della prima repubblica romana (1798), di ispirazione napoleonica, e quella di Saffi-Armellini e Mazzini, in seguito ai tumulti nel 1848/1849. Il Lazio post-unitario era una regione sicuramente arretrata dal punto di vista economico e sociale, anche se la trasformazione di Roma capitale ebbe sicuramente un effetto positivo.

NEL LAZIO SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* bucatini all’amatriciana, piatto a base di strutto, guanciale, pomodoro, peperoncino e pecorino. I buongustai sostengono che la vera amatriciana è quella in bianco.
* bucatini cacio e pepe
* 
gnocchi alla romana
* 
la pajata, ovvero un piatto di rigatoni conditi con un sugo a base di budella di vitellino da latte cotte con olio, aglio, prezzemolo, vino bianco, pomodoro e peperoncino.
* spaghetti alla carbonara
* l’abbacchio alla cacciatora. Di solito, l’abbacchio è servito sotto forma di spezzatino cotto al forno con aglio, rosmarino, vino bianco, acciughe e peperoncino.
* le “bracioline d’abbacchio”
* 
la coda alla vaccinara, stufata in un ragù ricco di odori e cioccolato amaro.
* il saltimbocca alla romana, vitello arricchito da prosciutto e salvia.
* baccalà in guazzetto (filetti infarinati saltati in padella con un fondo di salsa di pomodoro, acciuga, olive e pinoli).
* la porchetta.
* i carciofi alla giudia, i carciofi alla matticella.
* il maritozzo, morbido panino nel cui impasto sono presenti pinoli, uvetta e scorzetta d’arancia candita.
* I bocconotti sono piccoli tortini di pasta frolla imbottiti di ricotta
* Particolarmente gustoso è, infine, il pangiallo, un dolce a base di noci, mandorle, nocciole, pinoli e miele.

DETTI IN DIALETTO

Al di là del fatto che qui ci sono le origini della lingua italiana, il dialetto romano è simpatico e caratteristico, a mio parere anche più di quello napoletano (molto noto all’estero).
“A differenza delle lingue delle altre regioni italiane, la tradizione linguistica nata nel Lazio è tutt’oggi viva e soprattutto diffusa in tutta l’Italia. L’espansione romana, infatti, portò il latino, lingua preesistente alla supremazia della città, in tutto il territorio italiano e in gran parte del mondo occidentale.”

Botta sparata e lepre scappata nun s’arichiappeno più
Il colpo sparato e la lepre fuggita non si riprendono più

Er sole cala indove c’è pennenza, l’amore torna indove c’è speranza
Il sole cala dove c’è pendenza, l’amore torna dove c’è speranza
San Pietro se féce prima la barba ppe sé, e ppoi disse ch’er rasore nun tajava
San Pietro si fece prima la barba e poi disse che il rasoio non tagliava
Cani, principi e fiji de mignotte, nun chiùdeno mai porte
Cani, principi e figli di puttana, non chiudono mai le porte

Nissuno po’ morì come je pare
Nessuno può morire come gli pare

La gola è un bucetto, ma c’entra la casa co tutto er tetto
La gola è un bucheto, ma c’entra la casa con tutto il tetto

L’onori e li guai so’ come l’ombra: indove vai, te viengheno appresso
Gli onori e i guai sono come l’ombra: ti seguono sempre, dovunque tu vada
Er minchione nun se conosce quanno nasce, se conosce quanno cresce
Lo stupido non si conosce quando nasce, ma quando cresce

(succublog splinder, 25/11/2010)