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Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: la Campania

Le 20 regioni italiane: la Campania

(la caviglia dello stivale)


5 province: Caserta, Benevento, Napoli, Avellino, Salerno

STORIA

La Campania fu abitata originariamente da Ausoni, Aurunci e Osci; la parte settentrionale della regione verso l’VIII secolo a.C. venne colonizzata dagli Etruschi, fondatori dell’antica Capua (l’attuale Santa Maria Capua Vetere) e dai Greci che stabilirono importanti colonie come Palepoli (Napoli).Le aree interne vennero progressivamente occupate dai Sanniti, coi quali, alla fine, si scontrarono i Romani per il controllo della regione.Con la caduta dell’Impero, il territorio fu teatro degli scontri fra Goti, Bizantini e Longobardi;  i Bizantini tennero Napoli fin quando i Normanni. Ai Normanni succedettero prima gli Svevi, tramite il matrimonio fra Costanza d’Altavilla e Federico Barbarossa, poi gli Angioini,  infine gli Aragonesi (1442). La Campania divenne così dominio spagnolo (1505), come Viceregno di Napoli, fino al breve interregno (1707/1734) austriaco in seguito alla Guerra di Successione Spagnola, al quale seguì il Regno dei Borbone durante il quale Carlo III. Fallito l’esperimento democratico della Repubblica Napoletana (1799), nel 1806 la Campania fu conquistata dalle truppe napoleoniche, ma i Borbone tornarono nel 1815, unificando i due Regni di Napoli e Sicilia, attraverso la costituzione del Regno delle Due Sicilie, che resisterà fino all’Unità d’Italia. 

IN CAMPANIA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* Benevento:  nocciole e dal miele
Liquore Strega

* Caserta: pizza
sartò di riso (timballo di riso imbottito con polpette, salsiccia, mozzarella, funghi e altro ancora)
lasagne di Carnevale (piatto a base di salsiccia e formaggio che viene consumato durante il Carnevale). 

* Amalfi: Noci
Mozzarella
* Napoli: Spaghetti e pizza;
“pasta ammiscata”
, una minestra popolare fatta mescolando gli avanzi dei diversi tipi di pasta.
impepata di cozze alle insalate miste di frutti di mare.
Il dolce classico è la pastiera

* Salerno: ravioli farciti con uovo e ricotta e passati a cuocere in forno con ragù di carne;
il robusto e saporito viccillo, una ciambella di pasta lievitata e ripiena di uova sode, salame e mozzarella.
Un curioso salume locale è il “tarantiello” fatto con ventresca di tonno.

DETTI IN DIALETTO

Il dialetto partenopeo ha le origini di quelli delle regioni limitrofe, cosa naturale, visto che hanno subìto tutte l’influenza delle stesse dominazioni e sono geograficamente vicine, due fattori che favoriscono la similitudine linguistica.

Gesù cristo è lungariell ma nù è scurdariell.
Gesù cristo con il tempo ti fa sempre vedere le cose e ti da soddisfazione.
Gesù cristo mannà e tuzzulell à chi nu ten ij rient.
Gesù cristo manda le cose a persone che non le meritano.
L’Aucelluzz ch’nù cunosc ò pan è gran.
L’Uccello che non conosce il pane di grano.
E figlie sò piezz’e core. E nepute fanno o core a piezz’.
I figli sono pezzi di cuore. I nipoti fanno il cuore a pezzi.
Ricett o pappece ‘nfacc a noc: ramm tiemp ca t sprtos!
Disse il verme alla noce: dammi tempo che ti svuoto!
Si schizzica a luongo tutt s’infracica.
Se pioviggina a lungo tutto diventa marcio.

(succublog splinder, 3/11/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: La Calabria

Le 20 regioni italiane: La Calabria

(la punta dello stivale)

5 province: Cosenza, Crotone, Catanzaro, Vibo Valentia, Reggio di Calabria.

STORIA

La Calabria  Calàbbria in dialetto calabrese, Calavrìa in grecanico, Καλαβρία in greco.
E’ una delle regioni più antiche, tanto che non è sempre facile ricostruirne la storia.
La storia della Calabria ebbe inizio undici millenni addietro. Il suo territorio è stato abitato da una serie vastissima di popoli dell’antichità, quali Aschenazi, Itali, Ausoni, Enotri, Lucani, Bruzi, Greci e Romani; nel Medioevo da Bizantini, Arabi e Normanni; poi, seguendo le sorti del Regno di Napoli, da Angioini ed Aragonesi; infine ha trovato la sua collocazione odierna prima nel Regno d’Italia, poi nella Repubblica Italiana.
Storia antica della Calabria Circa 250 milioni di anni or sono la Calabria faceva parte di un vasto Continente chiamato “Tirrenide”, che a metà del Terziario sprofondò nel mare. Verso la fine dell’Era Terziaria l’Italia ha trovato la sua sistemazione geologica.
Dominazioni – terra di conquista:
Magna Grecia –  I Bruzi e l’eclissi della Magna Grecia  –  Dominio romano  – Le invasioni barbariche e il dominio bizantino  –   Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi-   Dominio Spagnolo ed Austriaco  –   I Borboni e il periodo napoleonico  –  L’Unità d’Italia
I Greci sbarcarono in massa sulle coste e fondarono un insieme di colonie che divennero ben presto ricche e potenti, tanto da meritare l’appellativo di Magna Grecia.
i calabresi ostacolarono l’occupazione dei romani più volte alleandosi con Annibale, ma Roma ebbe la meglio.
Dopo la caduta dell’Impero Romano la Calabria fu in seguito saccheggiata dai Visigoti e dai Goti. I Bizantini ne presero poi il dominio ed è rimasta per secoli sotto la dominazione di Bisanzio.
Mentre Arabi e Longobardi cercarono invano di conquistarla interamente al proprio dominio. Intorno all’anno 1.000 d.C. ai Bizantini subentrarono i Normanni.
Nel XVIII secolo una terribile carestia e un fortissimo terremoto piegano la Calabria borbonica. Ci si avvicina così all’età delle rivoluzioni, come quella nel 1799 dove Murat (cognato di Napoleone) viene giustiziato a Pizzo Calabro, nei moti a metà del XIX sec. vengono fucilati i fratelli Bandiera, finché nel 1860 arriva Garibaldi a portare nuove speranze di cambiamento con l’avvento del Regno d’Italia.

IN CALABRIA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* il peperoncino e la cipolla rossa di Tropea
* 
la soppressata calabrese ed il capicollo (Suppizzata e Capocollo)
* Il tonno ed il pesce spada
* Nella Locride è possibile assaggiare il ghiro 
* Consigliata: 
la pasta con il sugo di maiale e di capra (Maccarruni cu’zugu ra Crapa e ru Porcu)
* l tipico dolce calabrese è la ‘Nzuddha. Di fatto è un biscotto, sconsigliato a chi non ha una buona dentatura. Ha origini arabe ed è composto da pasta non lievitata miele e liquore. Simile anche lo Stomatico che però è arricchito dalle mandorle.

DETTI E DIALETTI

Il calabrese è simile ai dialetti confinanti, poichè anche questa regione è stata dominio delle stesse popolazioni. Molto simile anche al Siciliano, nonostante ci sia il mare di mezzo.

A troppu cumpidenza è patruna da malacreanza
Spesso la confidenza viene scambiata per dabbenaggine
Ama cu ti ama e rispundi a cu ti chiama
Ama chi ti ama e rispondi a chi ti chiama
Fijjiu di gatta surici pijjiaù
Il gattino cattura i topi come la mamma (ha lo stesso carattere)
Puru li pulici ‘ndannu la tussi
Pure le pulci hanno la tosse 
Quandu a gatta non chica u salatu dici ca puzza
Quando qualcuno non riesce fare qualcosa dice che è brutta
Si ‘ncùnu ti dùmanda: dùve vai? rispùnda ca no’ lu sai
Per prudenza, non confidare agli altri i tuoi progetti

Si ndai a casa randi menti spini e non dassari llogiari i foresteri
Se hai una casa grande occupala con spine piuttosto che alloggiare i forestieri

(succublog splinder, 27/10/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su “Vivere

“Vivere

“La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte:è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami!Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore,ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:il tuo sorriso è la mia pace.”

(Henry Scott Holland)
(succublog splinder, 28/10/2010)
Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: la Basilicata

Le 20 regioni italiane: la Basilicata

(la base dello stivale)

2 province: Matera, Potenza.

Le origini del nome:
Prima di essere conquistata dai Romani, questa Regione si chiamava Lucania. Successivamente con l’imperatore Augusto che la unì con Bruttium, l’attuale Calabria, cominciò a chiamarsi Basilicata, che deriva dal greco basilikos (governatore e principe). Più tardi con la conquista dei Normanni gli rimase il nome e i confini attuali rimasero gli stessi. Nel periodo che va dal 1932 al 1947 la Regione si richiamò ufficialmente Lucania. Oggi il nome è ritornato Basilicata, ma gli abitanti si chiamano Lucani.

STORIA

I primi insediamenti umani scoperti in Basilicata risalgono al Paleolitico inferiore.
Nel V millennio a.C. la cultura neolitica cominciò ad irradiarsi lungo i corsi dei fiumi lucani, raggiungendo anche le aree interne.
La prima colonizzazione greca avvenne con la costruzione di Siris, situata presso la riva del fiume omonimo oggi detto Sinni, sul finire dell’VIII secolo a.C., ad opera di profughi da Colofone, fuggiti in Occidente per scampare alla dominazione lidia. Con la fondazione di Metaponto, avvenuta nel 630 a.C. circa da parte di coloni di stirpe achea, si estende la colonizzazione a tutta la costa ionica lucana.
I Romani avevano avuto i primi contatti con i Lucani intorno al 330 a.C. quando costituirono un’alleanza “strumentale” utile a fronteggiare la pressione esercitata dai Sanniti a nord.
L’avanzata di Pirro: In difesa della città ionica sbarcò a Taranto Pirro, re dell’Epiro che, appoggiato dai Lucani, Bruzzi e Sanniti ottenne una vittoria di misura nella battaglia combattuta fra Pandosia ed Heraclea nel 280 a.C. Dopo appena quattro anni, nel 275 a.C. Pirro venne sconfitto a Maleventum e tornò in Epiro.
Tra il VI e il IX secolo la Lucania fece parte del longobardo ducato di Benevento.
All’inizio dell’XI secolo arrivano nell’Italia meridionale mercenari Normanni, capitanati da Rainulfo Drengot e i membri della famiglia Altavilla,
Tra il XII e il XIII secolo anche la Lucania fu coinvolta nelle lotte tra Svevi e Angioini che si contendevano l’Italia meridionale.
Federico II di Svevia e le riforme.
Alla morte di Federico II, le popolazioni della Basilicata si divisero tra i sostenitori dei guelfi guidati da Carlo d’Angiò e i ghibellini di Corradino. Il primo aveva occupato l’Italia meridionale e nel 1276 fece radunare in Melfi tutti i baroni del regno per un giuramento di fedeltà.
Il 29 settembre 1281 , la guerra dei Vespri.
Nel XIV secolo la Lucania attraversò una profonda crisi demografica, attribuibile probabilmente alla “cacciata dei Saraceni” ordinata da Carlo d’Angiò, in accordo con il papa, che provocò in Basilicata la dispersione di tutte le comunità arabe, come quelle residenti a Castelsaraceno, Bella, Pescopagano, Tursi e Tricarico.
Guerra franco-spagnola, apertasi con la morte di Ferdinando II d’Aragona nel 1516.
Il decennio napoleonico e l’Insurrezione calabrese (1806-1809), Massacro di Lauria e Resistenza di Maratea.
Insurrezione lucana del 1860, moti risorgimentali: l’annessione al Regno d’Italia.
(Pur essendo tra le più piccole regioni italiane, ha una storia lunghissima )

IN BASILICATA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* Formaggi come  il Butirro o Manteca e  Il Cacioricotta
* Salumi come la “Lucanica” (salsiccia preparata con carni magre di suino), la “Soppressata” (salsiccia essiccata) e la “Pezzenta;
* acciughe e piccoli tonni, le sarde in scapece (fritte e poste in aceto) e numerose ricette di baccalà.
* peperoni cruschi essiccati di Senise IGP e l’olio extravergine di oliva DOP;
* fagioli di Sarconi
* dolci come il Mostacciolo a base di vincotto, miele, mandorle e farina;  la Cuccia, simile alla Pastiera napoletana nell’uso del grano cotto;
* Tra i vini, il più famoso è l’ottimo Aglianico del Vulture DOC,

DETTI IN DIALETTO

Data la posizione geografica,  la Basilicata ha subìto l’influenza delle regioni confinanti. Il dialetto Lucano ha infatti molte forme comuni al pugliese e altre al calabrese e diverse affinità con il napoletano e l’abruzzese.

Sand’ Catàwur’ leva lu fridd e mett lu càwur.
San Cataldo toglie il freddo e mette il caldo
Mazz e panèll fann i figlij bell.
Bastone e pane fanno i figli sani (questo è anche pugliese)
U mir iè “u latt” di vicchj.
Il vino è il “latte” dei vecchi
Natàl ccu sòl e pasqua cu tuzzòn.
Se a Natale c’è sole, Pasqua col camino
Quann lu ciucc non vol viv ai voglia ri lu fiscà.
Quando una persona non vuol capire è inutile insistere.
Chik’t v’gntidd mo’ k sè t’nridd.()
Piegati rametto finchè sei tenero.
Chi tropp s’abbascia lu cule s’mostra.
Chi si china troppo il culo mostra.
Jè amar’ coma a ru tusk.
E’ amaro come il veleno.Acque, fuoche e pane non se negane manche a Ile cane.
Acqua, fuoco e pane non si negano nemmeno ai cani.

(succublog splinder, 21/10/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Le 20 regioni italiane: la Puglia, il tacco(12) dello stivale

Le 20 regioni italiane: la Puglia, il tacco(12) dello stivale

Sììì, lo so che già c’è tutto, basta guardare su internet.. Ma voglio lo stesso riassumere una storia delle singole regioni, con accenni dialettali, e gastronomici. Cercherò di essere breve, piuttosto. Ma non so se ci riesco. 
Cominciamo. 

(il tacco 12 dello stivale)

5 province: Foggia, Bari, Taranto, Brindisi, Lecce.

Il toponimo storico Apulia (esito latino del greco Ἰαπυγία, Japigia) deriva dall’antica popolazione degli Apuli (gr. Japigi) che in epoca preromana abitavano la parte centro-settentrionale della regione (i Dauni a nord, i Peuceti al centro, mentre a sud era stanziato l’affine popolo dei Messapi). Il termine Japudes (Japigi) si compone del prefisso arcaico “jap-“, che indicherebbe i popoli provenienti dall’altra costa dell’Adriatico. Secondo una diffusa pseudo-etimologia, invece, Apulia deriverebbe da Apluvia, ossia terra senza piogge[5].

STORIA

La Puglia è, tra le regioni d’Italia, una delle più ricche di reperti preistorici, tra i quali assumono un valore preminente i dolmen e i menhir diffusi soprattutto nella Capitanata, nel Tavoliere e nella Terra di Bari. Verso la fine del II millennio a.C. si consolidarono i gruppi etnici dominanti nell’era protostorica, i quali formarono le stirpi dei dauni, dei peucezi e dei messapi. Come per gran parte dell’Italia meridionale le forme più evolute di governo e di insediamento derivarono dalla colonizzazione ellenica (vedi Magna Grecia), che raggiunse il culmine nel IV secolo a.C., periodo in cui si affacciarono in Puglia le milizie dei romani.
Alla definitiva conquista romana la Puglia giunse dopo diverse campagne belliche, scandite da episodi di tono epico, quali la presa di Taranto (272 a.C.) e la conquista di Brindisi (244 d.C.).  Alla caduta dell’impero romano d’Occidente, si alternarono sul territorio pugliese bizantini, longobardi e arabi, prima che Bisanzio riuscisse definitivamente ad attrarre la regione nella propria sfera di influenza (IX-XI secolo). Bari divenne capoluogo di un dominio esteso sino alla Lucania e sottoposto all’autorità di un catapano (governatore bizantino). 
Dapprima sotto i normanni e poi sotto gli svevi, esponenti della casata degli Hohenstaufen, la Puglia conseguì un sostanziale progresso materiale e civile, che toccò l’apice con Federico II. Dal 1264 al 1435 la Puglia fu sotto la dominazione angioina, all’interno del Regno di Napoli, a cui subentrarono gli spagnoli (tra gli avvenimenti noti da segnalare, la disfida di Barletta, nel 1503).
Seguì l’arrivo dei Borbone, la dinastia spagnola insediata nel Regno di Napoli dal 1738, e successivamente, il periodo della dominazione francese (1806-1815), sotto il viceregno di Gioacchino Murat. Durante la Restaurazione, però, il governo borbonico non seppe reagire efficacemente al brigantaggio, ne derivò un intensa attività settaria (massoni, carbonari ), che sfociò nel moto del 1820 e, dopo la diffusione della “Giovine Italia”, nei moti del 1848.
Con la caduta dei Borboni la Puglia fu annessa al regno d’Italia (1860) e fu divisa nelle province di Bari, Foggia e Lecce, corrispondenti alle antiche denominazioni storiche di Terra di Bari, Capitanata e Terra d’Otranto. A queste si sono aggiunte, più tardi, anche Taranto e Brindisi.

IN PUGLIA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

    * il canestarto pugliese, un formaggio a pasta dura che ha avuto il riconoscimento di prodotto di Denominazione Protetta;
    *la burrata un formaggio con un ripieno ottenuto con panna di latte e mozzarella sfibrata;      
    *
i taralli pugliesi;     
    *
le orecchiette, famosa le orecchiette alle cime di rapa;
    *la focaccia pugliese;      
    *
le friselle salentine di grano duro ed orzo;      
    *
l’olio extra vergine di oliva che viene anche aromatizzato con aglio, basilico, fungo porcino, limone, peperoncino e tartufo;
    *
le carteddate, dolci di pasta sfoglia insaporiti dal miele ed aromatizzati dalla cannella.

E da buon sangue pugliese che ho da parte di padre, ricordo i “cigoli”, (pezzetti di lardo soffritti con la cipolla, un piatto “”dietetico””, insomma), e il pane unto (unto di lardo, altra cosa “”dietetica”” ), che mia nonna dava ai suoi figli a colazione – solo così, d’altra parte, potevano poi andare a scuola in mezzo alla neve con i calzoni corti senza prendersi nemmeno un raffreddore, diceva mio padre. 

DETTI IN DIALETTO

Notevoli sono le differenze da provincia a provincia (come accade in ogni regione),  a causa delle influenze che hanno subìto singolarmente nel corso della storia a causa delle diverse popolazioni dominatrici (romani, greci, svevi, normanni, francesi, spagnoli). Particolarità è che Lecce, la provincia “in punta di tacco” mantiene più delle altre una parlata italiana molto corretta e attenta, a volte soffocando del tutto  l’inflessione tipicamente pugliese. 

Le ciùcce s’arràghene e le varrìle se sfàsscene
Gli asini litigano e i barili si sfasciano

Ce u russe fosse fedèle pure u diàuue fosse senggère
Se il rosso di capelli fosse fedele anche il diavolo sarebbe sincero

U che ve o strazzat
Il cane va dallo straccione

La chessciènze iè ccome a la calzzètte, mo iè llarghe e mmò iè strètte
La coscienza è come una calza: ora è larga, ora è stretta
Vaele cchièu a ssapà dòece ch’a ssapàie fateghè
Vale più saper convincere che saper lavorare

(succublog splinder, 20/10/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Ma il mondo in cui credevo, dov’è?

Ma il mondo in cui credevo, dov’è?

O mi sbagliavo io. Ognuno pensa solo a sé, non c’è capacità di capire le situazioni degli altri, e che le situazioni degli altri sono le stesse di tutti, se non ora allora o prima o poi; non c’è voglia nemmeno di considerare che ciò che succede a uno è come se succedesse a ognuno. Se un rumore dà fastidio, si spara.  Se si litiga con qualcuno, si colpisce a morte il primo che passa, su internet si cercano e si fanno amicizie numericamente stratosferiche quando poi si diffida di tutti o si teme che tutti vogliono fregare. Se si deve comunicare, bisogna farlo per forza a parolacce, perchè solo così ti sentono, ma solo perchè si offendono, non perchè ti ascoltano. E questo dietro un computer. Se esci di casa, a momenti devi stare attento ormai anche ad incrociare lo sguardo di chi passa, dovesse scagliartisi contro perchè gli girano. Ma si può? Allora dico, sono io il problema, perché dico queste cose, perché mi infiammo contro il menefreghismo dominante, e questo che male fa? Io sono il problema, perché credo nei segni e negli angeli, o forse il problema è che ormai siamo in troppo pochi a crederci?

(succublog splinder, 15/10/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su L’Italia

L’Italia

Hegel ha detto che “un popolo è là dove si parla una stessa lingua” e a me sembra corretto, al di là di patriottismo o di bandiera. E’ vero che abbiamo tanti dialetti, alcuni dei quali più di altri sembrano decisamente lingue “straniere”. Ma l’italiano lo conosciamo tutti, lo parliamo tutti, quindi ci capiamo (o dovremmo capirci). Poi siamo una nazione così particolare, quale altra al mondo ha una forma riconoscibile, come la nostra? 20 regioni, 18+2 isole, e la loro storia, da quella fisica a quella politica. Riassumendo ovviamente i dati che trovo, altrimenti non mi basta un blog.

(succublog splinder, 14/10/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Cos’è il nome

Cos’è il nome

o meglio, senza il nome, una cosa esiste ugualmente?
Due sono le posizioni: chi dice che una cosa esiste in virtù del suo nome (
Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus, “la rosa esiste da prima del nome, delle cose abbiamo solo i nomi”) e chi, come Shakespeare, che esiste a prescindere dal nome. (“Una rosa è una rosa anche senza il suo nome”, Romeo sarebbe Romeo anche se non fosse questo il suo nome). E questa mi sembra l’idea più corretta. Le cose esistono, ed esistevano prima che nascesse il linguaggio. Il linguaggio è fondamentale per la conoscenza (il nome “mela” è associato all’oggetto mela), e poi per la comunicazione, nel senso, se io dico “rosa”, chi mi ascolta sa subito di cosa parlo. Ma la mia percezione della rosa posso spiegarla a parole? No. Esempio: il colore rosso io lo vedo rosso e tu lo vedi rosso. Ma nè io nè tu riusciamo a far “percepire” all’altro che rosso è, se è lo stesso punto di rosso o meno. I nomi delle cose servono a riconoscerle e a farle riconoscere, ogni nome è associato ad un’immagine, cioè l’immagine dell’oggetto che il nome “rappresenta”. Sono schemi, strutturati per conoscere le cose e per comunicare. Ma sono comunque, si può dire, dei “segni convenzionali”,  utili e fondamentali per la comunicazione della “realtà tangibile” (il colore rosso), ma non del tutto efficaci per descriverne la percezione, cioè l’insieme di quelle “cose” intangibili (la percezione del rosso)–  tipo sentimenti emozioni e sensazioni –  collegate con la realtà e da essa dipendenti, che non possono essere schematizzate,  nè spiegate a parole. E qui la faccenda si complica (come se finora fosse semplice ). Dicono che la realtà esiste perchè noi la percepiamo, o in base a come ognuno la percepisce. Ma non può essere così. La realtà esiste in sé, a prescindere da noi, nè può essere in base a come ognuno la percepisce, perchè in questo caso esisterebbero tante realtà quanti siamo noi tutti, il che non è concepibile, bisognerebbe di nuovo distinguere tra “realtà” e “percezione della realtà”: la realtà è UNA SOLA, e viene magari percepita in modo diverso da  ognuno di noi, ma è la percezione diversa di una stessa cosa, e non la frantumazione di questa cosa in tante unità diverse. Ciò che ci circonda è reale, e noi possiamo “conoscerlo” grazie ai nomi che noi stessi abbiamo dato alle cose. La percezione può piuttosto riferirsi a sentimenti ed emozioni, che vengono “vissuti” in maniera differente (ma nemmeno poi tanto) da persona a persona, e non possono essere ridotti in un nome nè schematizzati.
Conclusione: e non lo so mica qual è la conclusione. Mi sono confusa, ho perso il punto.  riordino le idee e torno (forse, perchè sento una sirena in lontananza).
————-
Rieccomi. (ma come m’è venuto in mente).  Riassumendo, una cosa è la realtà tangibile, un’altra è la percezione che ne abbiamo. I nomi sono fondamentali (senza non ci sarebbe nemmeno questo post ) per conoscere quello che ci circonda, ma le percezioni che ne derivano, per quanto vengano nominate, non sono descrivibili perchè intangibili, ma non per questo meno “reali”, anzi, paradossalmente, sono queste più reali della realtà tangibile. Conclusione: 
mi confermo convinta che la realtà esiste a prescindere dal nome. E a sostegno di ciò, cito la frase di Eco da “Il nome della rosa” 

Ma ora che sono molto, molto vecchio, mi rendo conto che di tutti i volti che dal passato mi ritornano in mente, più chiaro di tutti, vedo quello della fanciulla che ha visitato tante volte i miei sogni di adulto e di vegliardo. Eppure, dell’unico amore terreno della mia vita non avevo saputo, né seppi mai: il nome.“.

(succublog splinder, 12/10/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su della serie: “c’è un detto per ogni occasione”

della serie: “c’è un detto per ogni occasione”

che è una cosa ridicola come il fatto che la legge è interpretabile (e che legge è, se è interpretabile?). Forse è meglio dire che ci sono due detti per ogni occasione: una cosa e il suo esatto contrario. E questo non può essere. Tipo: quante volte si sente dire “le persone non cambiano”. E su questo concordo, non si cambia, ognuno ha un suo modo di essere, e così è con tutti. Specifico, con questo NON voglio dire che non abbiamo sfaccettature, un carattere è fatto di tante cose. Ma è anche vero che chi è razionale non agirà mai d’impulso, come chi è impulsivo non penserà mai “prima” di agire (casomai dopo); chi è egoista metterà sempre se stesso prima degli altri, mentre chi è altruista metterà sempre gli altri prima di se stesso. Questi sono principi di base di una personalità, e questi princìpi, c’è poco da fare, non cambiano. Quindi il detto “le persone non cambiano” si può considerare vero, diciamo pure “legge”. Salvo poi a sentire in altrettante occasioni l’esatto contrario “le persone cambiano”. Ma…è l’opposto esatto dell’altro detto! Non si può aggiustare un detto a seconda di come serve (come non si può interpretare una legge a proprio uso). Nè si può pensare che alcune persone cambiano e altre no, e su quali basi si dice questo, o si cambia o non si cambia. E allora? Com’è la faccenda? Cambiano o non cambiano?

(succublog splinder, 6/10/2010)

Dic 27, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su La libertà

La libertà

la libertà ce l’abbiamo tutti. E’ dentro di noi da quando nasciamo fino alla fine. Ma la libertà non è fare quello che ci pare anche se si danneggia il resto. La libertà è esprimersi senza crearsi vincoli. Perchè i vincoli non ci sono, ce li creiamo noi. E sono il pregiudizio, il preconcetto, la meschinità, da una parte, la paura di essere emarginati, i condizionamenti, quindi il conformismo dall’altra. Chi si mette a giudicare (superficialmente) le idee altrui, le deride, le ignora, le considera senza valore, si prende solo tutta la libertà, anche quella che non è sua, è arrogante e invadente. Ma chi si fa condizionare da questo tipo di atteggiamento non è da meno, va contro se stesso, permette che si calpesti la sua libertà, che è sua di diritto, e la vincola, e poi per cosa, essere accettato da chi comunque non lo accetterà mai?  Errore. Per essere davvero libero, deve ignorare chi ignora la sua idea, e continuare ad esprimersi senza farsi condizionare. Esprimere la propria idea senza paura del giudizio altrui è libertà. Essere se stessi senza preoccuparsi di come ci vedono gli altri è libertà. Una libertà naturale che non danneggia nessuno. Non è egoismo, egoismo è concepire la libertà come ” fare quello che mi pare senza fregarmene di niente”. La vera libertà è scegliere cosa essere, ed esserlo spontaneamente e senza problemi. E non danneggia nessuno, perchè  è “consapevole” che tutti siamo liberi, e sa capire e quindi rispettare anche la libertà altrui.

(succublog splinde, 4/10/2010)