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Gen 18, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su E neve fu

E neve fu

L’aspettavo con animo allegro e occhi di bimbo. E finalmenteeee

Fiocchi grandi come palline da ping pong. Quanto durerà non mi interessa, capisco i disagi che crea ma quant’è bella ci sta. E vaffannappa. Lei è la mia intemperia preferita.

Gen 18, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Ironia e comicità

Ironia e comicità

Ironia.gifSe non ci fossero dovremmo assolutamente inventarle. L’ironia l’ho sempre, forse fin da quando sono venuta al mondo, ritenuta fondamentale per vivere, propriamente. Cosa accadrebbe se non avessimo la capacità di sdrammatizzare i momenti più difficili, che, purtroppo, non sono pochi? Non so se l’ironia sia qualcosa di caratteriale, di congenito. Fatto sta che c’è anche chi non ce l’ha. Tipo quelle persone che buttano giù se stesse e gli altri in ogni situazione, guardano sempre il nero, o al massimo del loro ottimismo, il grigio, ma comunque si fanno dominare dal disfattismo restando nella convinzione che va sempre tutto male – persone da evitare accuratamente  – Chi possiede il senso dell’ironia, invece, riesce ad ammorbidire gli avvenimenti più spigolosi, a vedere una soluzione sempre, trovando appunto l’aspetto ridicolo della situazione, e magari portando così tutti a scoppiare in una fragorosa risata. Che accadrebbe, invece, se ci mettessimo tutti in un angolo a valutare concretamente e razionalmente – e cupamente – ogni avvenimento? Che smetteremmo di vivere. Sono cresciuta con l’ironia di mio padre, di nuovo mio padre è stato il maestro, e anche dei miei fratelli, il secondo specialmente. E io stessa tendo spesso e volentieri a fare battute ironiche, innanzitutto su me stessa, o a trovare l’ironia in ogni situazione che sento appesantirsi sempre di più. E’ come, per spiegare,  una risalita a prendere aria dopo una lunga apnea. Mia mamma per questo aspetto ci ride sempre tanto, addirittura mi dice che sono straordinaria.  Lei è al contrario più cupa e negativa, molto realista, e aveva bisogno dell’ironia di mio padre come dell’aria che respira. Mentre lui la prendeva in giro dicendole che doveva ridere più spesso, perché le sue labbra iniziavano ad essere disegnate all’ingiù  La comicità è un altro enorme pregio, ma privilegio di pochissimi, ancora meno di chi ha l’ironia. Ho sempre pensato che saper far ridere è molto più difficile del saper far piangere. Risollevare un animo oppresso, restituirgli l’arcobaleno quando vede tutto nero, è un vero dono sovrannaturale, almeno secondo me. Il tipo di comicità che preferisco è quella dei giochi di parole, dei doppi sensi, quella sottile, ma incisiva.  Mentre non mi viene proprio da ridere con quella comicità spudorata e forzata di certi film, o da cabaret, anche. Non la definisco neanche comicità, a dire la verità. Il peggio poi è chi fa il comico a scapito degli altri, prendendo in giro e mortificando, in questo caso non è né ironia né tanto meno comicità, ma solo stupidità senza fine, e ancora più stupido chi ci ride in coro. Perché per me la comicità vera vuole anche delicatezza, sensibilità, e una sincera e profonda volontà di far ridere, per far stare bene (non male) chi ti ascolta.  E’ una cura vera e propria. Per dire, mi piace tanto la figura di un medico come Patch Adams, che con il divertimento e il sorriso curava malati terminali. Anche fosse che la malattia non viene debellata, è comunque il modo giusto per aiutare chi soffre a vivere il momento che sta attraversando, e, magari, nella migliore delle ipotesi, dargli anche più forza per combattere e superare la malattia. Niente libera di più di una risata fragorosa, che sale su dal profondo dell’anima.

Ho imparato che senza ironia non riesco a stare; che mi attirano le persone capaci di sdrammatizzare ogni situazione guardandone il lato comico o ironico, e che riescono ad infondere allegria anche nelle situazioni peggiori; che ho sempre bisogno di sdrammatizzare per vivere le situazioni più dure, ho bisogno di trovare il modo per tirare una boccata d’aria e credere fermamente che una via di uscita possa esserci sempre. E questo modo è l’ironia. L’ironia e la comicità sono alla base dell’ottimismo, e l’ottimismo è un fondamento essenziale per vivere sereni. E, volendo, felici.

(UPperché ci sono lezioni che non devono essere dimenticate. Dal 21/nov/2012)

Gen 17, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Protagonista o spettatore

Protagonista o spettatore

Un’altra cosa che mio padre diceva spesso è che nella vita si sceglie se essere protagonisti o spettatori, cioè se vivere le cose buttandocisi dentro o restare a guardarle, vivendo solo un’idea o il desiderio di viverle. Lui era per la prima, ovviamente, ed è quello che ha sempre fatto. Io la vedo come lui, idee e desideri restano illusioni, finzioni, magari ti evitano delusioni che spesso arrivano quando un bel sogno si concretizza, e non ti sembra all’altezza, ma sempre finzioni restano. Quindi decisamente meglio provarci e viverle di persona. Lui, mio padre, però, riusciva, non so come, a far coincidere le due cose, cioè a realizzare i suoi sogni. Forse perché ci credeva fortemente, non so, e di sicuro dandosi molto da fare, questo posso affermarlo con certezza. Fatto sta che ci riusciva. Nonostante le difficoltà della vita reale, le preoccupazioni e le delusioni che pure ha vissuto, era un protagonista. Mia mamma, per dire, è diversa. Pur essendo anche lei una protagonista, perché vive e ha vissuto la sua vita affrontandola sempre, mai restando a guardare, diciamo che la prende come viene.  Mio padre le situazioni era capace di crearle proprio, mentre lei vive quelle che la vita le presenta, ecco. Ma entrambi sono protagonisti attivi, non spettatori passivi. Di me posso dire che spettatrice lo sono stata, nei primi anni, fino all’adolescenza. E non mi dispiaceva neanche restare a guardare quando si trattava di vicende e situazioni belle che mi permettevano di credere ancora più possibile realizzare i sogni. Ad un certo punto, però, ho sentito il desiderio di scegliere di vivere la mia vita, gettandomici dentro, come diceva mio padre, seguendo i miei ideali, secondo i principi che via via, esperienza dopo esperienza, stavo radicando dentro di me. Non è sempre facile essere protagonista, ho capito presto quanto forte era mio padre nel riuscire ad esserlo, perché devi mantenere quel tantino di distacco un po’ da tutto per evitare di passare da protagonista a naufrago, di venire cioè trascinato e poi sommerso dagli eventi e sprofondare spesso e volentieri senza riuscire a venirne fuori ammaccato (e scoraggiato). E quel distacco, pure piccolo che sia, è forse quanto di più difficile da mantenere, per me che sono emotiva fino al midollo, tanto da commuovermi come una scema davanti ai film, in cui, per inciso, fin da piccola mi immergo sempre nel ruolo del protagonista – a tale proposito, nei momenti in cui realizzo che sto solo guardando un film e non vivendo, in questi momenti di distacco, appunto, dal contesto, mi viene da sorridere tra l’ironico e l’amaro, nel notare le comparse sullo sfondo, e nel pensare che io nella storia narrata potrei essere una di quelle. Il che fa riflettere parecchio -. Se si riesce, dunque, a raggiungere quel minimo distacco, la parte è tua, sei padrone della tua vita (e di te stesso). Stimo tanto mio padre anche per questo, per essere riuscito a vivere appieno senza mai perdere la capacità di sognare, e continuando a credere fermamente nei suoi ideali. E stimo molto anche mia madre, protagonista anche lei, ma per la sua capacità di affrontare gli eventi, anche i più duri, senza farsi schiacciare. Due protagonisti, i miei, solo che mio padre scriveva il suo copione, mentre mia mamma vive il suo. E io? Non saprei, forse sto nel mezzo. Mi piacerebbe essere come mio padre, credere nei sogni a tal punto da riuscire a realizzarli; e di mia madre vorrei la capacità di affrontare con ostinazione gli imprevisti che la vita inserisce nel copione.  Devo dire comunque che il ruolo di spettatrice non è poi così male, già se penso a quanto sia stato importante osservare loro, per dirne una. Nello stesso tempo, ho la consapevolezza di non poter essere come loro, e va bene così, anche perché in quel caso vivrei la loro vita, non la mia. Come dico sempre, sono felicissima di averli avuti come genitori principalmente perché entrambi, anche se in modo diverso, hanno lasciato noi figli crescere seguendo i rispettivi caratteri, mio padre dandoci consigli ma senza mai forzarci, mia madre sostenendoci sempre, anche quando non ci condivide (il che accade quasi sempre). Risultato ad oggi: voglio essere protagonista della mia vita, la MIA appunto, e ogni tentativo va in quella direzione, ma ogni tanto, tipo quando è difficile esserlo, penso non guasti anche il ruolo di spettatore. Soltanto due cose so di voler evitare: il non detto ed il non fatto. Per il resto si vedrà.

(UP. Dal 12/mar/2014)

Gen 16, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Whatever

Whatever

“Whatever tomorrow brings I’ll be there

with open arms and open eyes…”

Gen 16, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Il mare e la montagna

Il mare e la montagna

mare-tramonto-m174.jpgIl mare agisce sulle emozioni, la montagna ne è un solido deposito.
Non credo che abiterò mai sul mare. Intendo a ridosso, dove posso vedere ogni momento ogni suo movimento. Non che non lo ami, qui ci sono nata, sono abituata fin da piccola all’immagine del mare, dei pescatori, dei “travocchi” (i trabucchi, le casupole pensili munite di reti per la pesca, qui ce ne sono tante), non c’è ristorante che non riporti dipinti con il mare come soggetto. Però viverci a ridosso non potrei. Penso che il mare abbia un forte ascendente sullo stato d’animo, e se è vero che quando è calmo ti dà una pace impareggiabile, è anche vero che quando è agitato mette angoscia, se non paura. Sarà perché è sempre in movimento, non lo so, ma riesce a trascinare le emozioni con sé, interagisce con loro, non ha effetto sulle emozioni, te le suscita proprio, te le amplifica, il mare è un ascoltatore attivo. Se ti fermi a guardarlo, o ti lasci andare e trascinare da lui oppure ne vieni catturata, ma comunque ogni tentativo di gestire da parte tua è inutile, se non scegliendo tu quando andare a trovarlo. Non riuscirei a vivergli a ridosso, ne sarei troppo condizionata.

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 la montagna no, è diversa. Perché non si muove. Se la osservi al tramonto o all’alba, quando è bel tempo o quando è brutto, sai che lei è lì, che resta lì imperturbabile, ci sarà anche quando le nuvole saranno dissipate, è solida, e ti dà la sensazione  di poterci “appoggiare” le tue emozioni in tutta tranquillità, non interagisce con loro, non le muta, non le influenza, come fa il mare, le ascolta soltanto. La montagna è un’ascoltatrice passiva. Per questo lì ci vivrei. Mi sentirei più al sicuro.

Gen 15, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su E’ più facile far passare un cammello nella cruna di un ago

E’ più facile far passare un cammello nella cruna di un ago

che farsi capire. E’ piuttosto inquietante, soprattutto quando si parla la stessa lingua. Oltre ad essere un argomento ricorrente visto che capita sempre più spesso di non capirsi.
Davvero lo trovo incredibile. Passi non condividere quello che si dice, ma non capirlo come si fa? Eppure, paradossalmente, mi sono ritrovata a capirmi del tutto con una ragazza che parla e capisce solo l’inglese, di italiano non sa nulla. Con lei abbiamo parlato (solo in inglese) di tutto e di più, e ci siamo capite perfettamente, senza nemmeno finire le frasi fino in fondo, su certe cose. Ma…a sto punto, non è che la lingua stessa impedisce di capirsi? Magari si intendono le parole diversamente, per cui, anche se parliamo tutti italiano, personalizziamo comunque le parole nel loro significato? D’accordo che ognuno ha le sue esperienze e vive ogni cosa in base a queste, ma intendere all’opposto quello che un altro italiano dice mi sembra eccessivo. Comunque un problema c’è, e grosso, un vero limite alla comprensione: l’atteggiamento prevenuto. Sembra che molti stiano con le mani avanti, ti parlano e soprattutto “ti ascoltano” con l’ovatta sulle orecchie, e nel peggiore dei casi, partendo dal presupposto che non devono fidarsi. Perché, possibile che oltre a non capire il senso di quello che dico, dandogli un significato opposto, lo leggono sempre in negativo. E che caspita. Siamo a livelli che tu rispondi a qualcuno che attacca e risulta che sei tu ad attaccare. Oppure che si discute concitatamente su un punto per arrivare poi a scoprire che si sta dicendo la stessa cosa.  Va bene che per iscritto i toni non si possono ovviamente sapere, ma sempre per forza toni negativi si devono mettere? Se  poi, come faccio io, provi a spiegarti per essere più chiaro possibile, e a far capire che non ce l’hai con nessuno e i tuoi toni non erano né aggressivi né di attacco, fai peggio, e uno dei rischi più frequenti è quello di passare per insistente e invadente che vuole “per forza” dire la sua, per avere ragione mancando quindi di rispetto agli altri. E il rispetto verso di me dove sta? Dove sono stata rispettata se mi si attribuiscono intenzioni opposte e in certi casi per me anche offensive quando al contrario non avevo nessuna intenzione di mancare di rispetto e sono entrata nel discorso con tutta la buona fede possibile? Allora dal mio punto di vista, quando succede così che ci si ostina a non ascoltare, sembra che l’altro voglia per forza avere ragione e basta. Ecco che la parola “rispetto” risulta avere tanti significati diversi a seconda dei soggetti. Non funziona così.
Il linguaggio è nato per farsi capire, dai mezzi di sostentamento (ho fame, ho sete) a quello che riguarda i sentimenti e i pensieri. E il linguaggio è quello. Non condividere il pensiero che esprimi è una cosa, non capirlo è un’altra, e ostinarsi a non capirlo può essere una mancanza di rispetto.
Ma perché tutto ciò?

Gen 14, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su VolAre è potAre, ovvero 5 minuti di svalvolamento quotidiano

VolAre è potAre, ovvero 5 minuti di svalvolamento quotidiano

 Mi è venuto così, uno di quei momenti in cui non pensi a niente di niente e spensierato ti metti o a canticchiare (di solito canzoni inventate di sana pianta) o a fare giochetti vocali con le vocali. Ed ecco che dal noto detto “volere è potere” è venuto fuori questo. Volare è potare. Due parole di senso compiuto, compiutissimo direi, ottenuti senza alcuno sforzo, semplicemente cambiando la vocale, e che potrebbero comunque avere un significato altrettanto valido (volendo si può). Per dire, volando, in senso metaforico ovviamente, si potano un sacco di cose. Tipo, rapporti che dobbiamo avere per forza e non vorremmo, o situazioni scomode in cui siamo finiti, o anche solamente discorsi vuoti e tutt’altro che costruttivi in cui spesso ci si addentra senza sapere come né perché. Ecco, volando si può dare un taglio, cioè appunto potare, a tutto questo. Quando si parla di amicizie, ad esempio, sento dire sempre più di frequente che è necessario potare i rami secchi. Non è che condivida del tutto questo paragone, penso che i rapporti inutili si potino da soli, francamente. Ma ammetto che a volte possa risultare difficoltoso darci un taglio, perché si tratta di persone che siamo comunque costretti a frequentare oppure perché da nessuna delle due parti c’è il coraggio di parlare (molto comune questa cosa), oppure ancora perché uno dei due, egoisticamente, non vuole potare e di conseguenza continua a trascinare le cose inutilmente. E allora in questi casi che si fa? Si vola. Ci si estrania dai discorsi, tergiversando, mentalmente non si è lì dove sta il corpo,  si sogna di più, si pensa di più, ci si distrae con il pensiero volando altrove. Non ho mai ritenuto vera la teoria secondo la quale non si riesce ad uscire dalle situazioni, per me ha ragione Confucio: “se vuoi uscirne passa per una porta”. E quindi ecco qua, volAre è potAre, che riporta dritto al detto originale, perché se vuoi volare potrai potare. Volere volare è potere potare. O anche  volere potare è poter volare. Va bene in entrambi i modi.

Gen 13, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Il cosmo. Questo “eterno” sconosciuto.

Il cosmo. Questo “eterno” sconosciuto.

Troppo grande per essere concepito dalla mente, troppo importante perché la mente non tenti di concepirlo. Oggi sto sul filosofico-scientifico-mistico. Perché fede e scienza sono correlate, se non in certi casi addirittura tutt’uno. Perché per concepire ipotesi in merito al cosmo, alla sua grandezza, alla sua formazione, bisogna per forza saltellare dall’una all’altra, fare atti di fede, perché alla conoscenza empirica, concreta, di tutto questo non  si può arrivare. D’accordo i computer evolutissimi e perfetti, ma ai computer i dati chi glieli fornisce? Io nel mio piccolo credo che siamo circondati da un insieme intricatissimo di forze di energia che ci collegano gli uni agli altri, forze che non possiamo spiegare razionalmente, possiamo solo percepire, e non tutti. Ammiro molto chi riesce a coglierle, attraverso i sogni o gli stati mentali, entrando in contatto con persone che non ci sono più, con le fonti della vita stessa. Pensando al cosmo scientificamente, a come è nato, a cosa sia accaduto, ai tempi (troppo lunghi per essere concepiti da noi) di evoluzione, viene per forza da pensare anche alla fede, alla vita, al che caspita ci facciamo qui e come mai noi, a differenza degli altri esseri viventi della terra,  ci poniamo queste domande. Come si sarà formato? E chi può dirlo. La teoria dominante è quella del Big Bang, questa enorme esplosione che l’ha generato dando inizio ad un’espansione che per alcuni è ancora in atto (altra corrente teorica sostiene invece che l’universo sia in fase di collasso). Ma esplosione di cosa? Di materia sicuramente. Può darsi. Ma non è detto, non è certo. Ciò che è certo è che da quel qualcosa siamo derivati anche noi, un minuscolo risultato di un ipotetico Big Bang, forse gli unici nell’universo, o forse no. Non è certo. Ieri, mentre si parlava di queste cose, mi sono chiesta, visto che la natura imita se stessa, anche universalmente parlando, le forme del cosmo sono le stesse della terra, ogni forma di ogni essere copia le altre che ha intorno, il cosmo infinito è un insieme infinito di microcosmi che si imitano, allora non si può arrivare a conoscere la formazione del cosmo studiano ad esempio l’evoluzione terrestre? Se noi siamo una riproduzione imitativa del cosmo, studiando noi si può arrivare a lui. Troppo semplice sarebbe. E anche troppo vasto come campo, di tante cose non terremmo conto e che magari probabilmente sono fondamentali. E poi la fede dove sarebbe? Io concludo che là c’è una stella perché voglio credere che sia così. Concludo che la distanza tra i pianeti sia tot perché voglio credere che sia così. Concludo che il buco nero è assenza di materia perché voglio credere che sia così.  Ma questa è fede. O ci credi o non ci credi. Tutte conclusioni ipotetiche su fenomeni razionalmente e scientificamente inspiegabili. Che temo resteranno sempre senza risposte. Il cosmo ha una fine o davvero non finisce mai? E se finisce, oltre quello, cosa c’è? Uno spazio vuoto? Il cielo? I palloncini volati dalle mani dei bambini? Chi lo sa. Poniamo che sia vera la teoria del Big Bang. Dicono gli studiosi che “ad un certo punto”, tempisticamente non quantificabile, c’è stata questa esplosione che ha generato l’universo. Ma allora, prima di questo certo punto, cosa c’era? Chi lo sa. Forse il posto da dove veniamo noi al momento della nascita, quando probabilmente conosciamo le risposte a tutte queste domande che con la crescita dimentichiamo. Può darsi. Ma questa è fede.

(UP. Da succublog splinder: 15/09/2011)

Gen 13, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Zoo informatico

Zoo informatico

…uaaaaaaauauauaua!! C’ho messo una’ora… e ho tirato fuori questi. Son soddisfazioni.:SENSO167.gif:

Gen 9, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Detti …. a casaccio – (è che mi va di ridere)

Detti …. a casaccio – (è che mi va di ridere)

lavoro+e+guadagno+44.jpg

  • Tanto va la gatta al lardo che …. fa i figli ciechi
  • Gatta frettolosa …. ci lascia lo zampino 
  • Una ciliegia tira l’altra .... e tutte e due tirano il viso (questo mi viene sempre da dirlo così)
  •  una mano lava l’altra –  
  • Una mela al giorno .... non si fa mai giorno
  • Troppi galli a cantare .... leva il medico di torno
  • Non è bello ciò che è bello …. se non è litigarello
  •  L’amore non è bello …. è bello ciò che piace
  • Chi troppo in alto sale …. nulla stringe
  • Chi troppo vuole …. immantinente cade  precipitevolissimevolmente
  • Chi non risica …. non piglia pesci
  • Chi dorme …. non rosica 
  • Chi di speranza vive …. di spada perisce
  • Chi di spada ferisce …. disperato muore 
  • La lingua …. ne sa una più del diavolo
  • La donna …. ferisce più della spada 
  • A caval donato …. ha già beccato
  • Gallina che non becca …. non si guarda in bocca
  • Il lupo perde il pelo…. ma non i coperchi
  • Il diavolo fa le pentole ….ma non il vizio
  • Chi è causa del suo mal….l’aspetti
  • Chi la fa….pianga se stesso 
  • Gallina vecchia….in cielo sta
  • Acqua che non piove….fa buon brodo
  • Il mattino….il ciel l’aiuta
  • Cuor contento….ha l’oro in bocca
  • A buon intenditor….estremi rimedi
  • A mali estremi….poche parole

 

Uaaaauauauauaa :SENSO167.gif:

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