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Le 20 regioni italiane: l’Emilia Romagna

9 province: Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì, Rimini

STORIA

Nel II secolo a.C. si costruì in onore del console romano Marco Emilio Lepido una strada che collegava Rimini a Piacenza e si chiamò Aemilia. Da questa strada è stato dato il nome alla Regione. Nel VI secolo d.C. i Romani persero questo territorio che venne spartito tra i Longobardi e i Bizantini, chiamando rispettivamente queste terre Longobardia e Romania. La zona dell’attuale Romagna era di dominio bizantino. Con l’unità d’Italia, alla Regione venne ridato il nome originario di Emilia. Solo nel 1947 è stato assegnato l’attuale nome di Emilia Romagna.
Questa regione, abitata fin dall’antichità, ottenne una vera e propria organizzazione politica verso la fine del VI secolo, con l’espansione etrusca sulle rive del Po.
All’inizio del IV sec. a.C., l’invasione celtica minò la prosperità della regione, e nel III a.C., i Romani la acquisirono e la ordinarono in provincia insieme alla Liguria.
Augusto ne fece la sua VIII regione, col nome appunto di Emilia.
Nel V sec. d.C., Onorio trasportò la capitale a Ravenna (402), e la parte orientale dell’Emilia, che prese poi il nome di Romania (Romagna), divenne il centro politico dell’Impero d’Occidente, ormai giunto al suo declino.
Con i re carolingi (754-774) la regione fu messa sotto la giurisdizione papale, fino a passare definitivamente nelle mani della Chiesa, verso la fine dell’XI secolo.
Nel periodo dei comuni, Bologna, Piacenza, Modena e Reggio ebbero un notevole sviluppo dovuto certamente alla presenza di grosse correnti di traffico commerciale, ma presto si distrussero vicendevolmente in lotte e rivalità; in particolare, in seguito alla discesa di Federico Barbarossa, alcuni aderirono alla Lega Lombarda (1167), e altri sostennero l’Impero.
Il governo pontificio tentò di affermarsi con il cardinale Albornoz (1353-1367)
Durante le guerre del XVI sec. la valle del Po fu il punto nevralgico della politica italiana, divisa com’era tra Stato pontificio, Impero e signorie Estensi.
Durante i conflitti europei dei secc. XVII e XVIII, i vari Stati subirono diverse invasioni, e nel 1731, dopo l’estinzione della famiglia Farnese (subentrata a quella Estense), a Parma e Piacenza subentrarono i Borboni.
Nel 1797, dopo la pace di Campoformio, l’Emilia (salvo Parma lasciata ai Borboni) e la Romagna entrarono nella Repubblica Cisalpina, che nel 1802 diventò Repubblica Italiana, fino al 1805, quando Parma e Piacenza furono annesse alla Francia e il resto entrò nel Regno Italico.
Il congresso di Vienna restaurò gli equilibri di potere e il dominio temporale della Chiesa, e la partecipazione degli emiliani ai moti risorgimentali fu estremamente intensa, attraverso congiure e operazioni militari.
Fallito il tentativo di unirsi al Piemonte nel 1848, la fusione tra Emilia-Romagna e Regno d’Italia avvenne tra il 1859 e il 1860.

IN EMILIA ROMAGNA SI MANGIA COSI’ – SPECIALITA’ GASTRONOMICHE

* Borlengi, ostie composte da latte ed uova,
* le chizze reggiane, fagottini fritti farciti di grana da gustare caldi.
* Erbazzone, una variante della più nota pizza con le verdure della tradizione partenopea, con spinaci ed insaporita con cannella.
* la deliziosa mousse di Mortadella
* 
la Tigella, un tipico pane misto cotto su speciali pietre 
* la torta fritta, a base di farina.
* i prosciutti
* patria del Tortellino, dei cappelletti, delle tagliatelle.
* Il sugo alla bolognese è composto oltre che da pomodoro, da carne macinata, cipolla, carote e sedano. La variante più tipica prevede l’aggiunta di panna al momento in cui la pasta viene unita al condimento.
* Gli anolini di carne parmensi ed i cappelletti all’emiliana vengono preparati con brodo di carne e sono entrambi bon bon farciti di carne e formaggio.
* le lasagne al Forno alla Ferrarese ed il timballo: in uno splendido connubio di panna e ragù di carne, con tanto parmigiano e aggiunta di latte.
* I passatelli reggiani, cotti in brodo, invece, sono costituiti da una sbriciolata di uova e pane grattato con aggiunta di formaggio che viene cotta direttamente nel brodo.
* il brodetto di pesce.
* il capretto, a Reggio Emilia è il Coniglio alla reggiana il “secondo piatto forte”.
* dolci: il Burlengo romagnolo. È costituito da una miriade di ingredienti, tra cui primeggiano riso, farro e orzo oltre a mandorle e noci.
* la Bracciadella reggiana, simile alla più classica delle ciambelle. Una delizia, la Bonissima, torta ripiena di noci e miele e ricoperta di cioccolato. Tipico del capoluogo il pan speziale bolognese con zucchero, pinoli mandorle e spezie varie.
* a Reggio Emilia si può assaggiare la spongata di Natale, una torta dal ripieno ipercalorico, ricco di spezie a base di miele, noci, mandorle insaporito con cannella, noce moscata e chiodi di garofan.

DETTI IN DIALETTO
E’ da qui che iniziano a farsi sentire inflessioni dialettali totalmente diverse rispetto al sud, decisamente molto più vicine a quelle dell’Italia Settentrionale. Particolare interessante è che nella zona centrale predomina l’italiano vero e proprio, quasi a creare una linea di stacco, mentre andando verso giù o verso su, i dialetti si stringono molto, fino a diventare in alcuni casi decisamente incomprensibili. Questo dimostra ulteriormente che la lingua tende a svilupparsi, ad evolversi, in ambiti geografici strettamente limitati. E se oggi non ci fosse tanta possibilità di comunicazione con l’esterno, avremmo molto probabilmente dialetti “rionali”, di quartiere. Molto molto interessante la questione linguistica.

La brasúla ‘d chijtar la pê sempar pió granda
La braciola degli altri pare sempre più grande 
U j è ch’magna par campê e chi ch’magna par s-ciupê
C’è chi mangia per campare e chi mangia per scoppiare

Quand che la vójpa la s’invëcia al galeèn a gli chéga int e’ mus
Quando la volpe s’invecchia, le galline le cacano sul muso

S’a m’met’a fé e’ capler la zenta la nëss senza la tësta
Se mi metto a fare i cappelli, la gente nasce senza la testa
S’u n’ sbagliess neca i sapient, u n’i sareb piò post par ij ignurent
Se non sbagliassero anche i sapienti non ci sarebbe più posto per gli ignoranti

E’ pass par quant l’è longh la gamba, e’ bcôn par quant l’è lêrga la boca
Il passo per quanto è lunga la gamba, il boccone per quanto è larga la bocca

(succublog splinder, 3/12/2010)

Le 20 regioni italiane: l’Emilia Romagnaultima modifica: 2011-12-27T13:53:38+01:00da ellypettino
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