Gen 19, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su La (in)comunicabilità

La (in)comunicabilità

Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose!
E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!
•L.Pirandello-

Superfluo dire che è uno dei maggiori problemi che ci riguardano, l’incomunicabilità, che spesso crea veri e propri disastri. E Pirandello, quasi veggente, lo ha detto nel secolo scorso, non per voler constatare la effettiva condizione dell’incapacità di comprendersi, ma per sottolineare la drammaticità che caratterizza la perdita dell’individualità. La massa è un fallimento, non può che essere e rimanere un concetto ideale, perché all’interno di una massa non è poi realmente vero che siamo tutti uguali, c’è chi tende a primeggiare, chi a sottomettersi e chi a seguire il flusso tanto per non starne fuori. Il che, in un modo o nell’altro, comporta la perdita dell’individualità. Perché per formare la massa, devi dire sì anche quando pensi no, o tacere anche quando non vorresti, altrimenti vieni considerato “borderline”, fuori dal comune, anormale, non conforme, e un elemento di disturbo. Questo non può che distruggere l’individuo, che tra l’altro perde il senso di sé. Stando così le cose, come si può riuscire a comunicare? O dici quello che pensa l’altro o che l’altro si aspetta oppure sei out. Se inizi a parlare di cose che non rientrano nel pensiero generale, sei out. Il risultato, di quanto Pirandello aveva già pronosticato ai suoi tempi, è la chiusura di ogni individuo in se stesso, ciascuno nella propria bolla d’aria, che diventa sempre più spessa, rendendo impossibile la comunicazione da dentro verso fuori e da fuori verso dentro. E si arriva alla frase di Pirandello. Ognuno in ciò che dice mette proprie intenzioni, derivanti dal bagaglio personale di esperienze e ovviamente dal carattere. Sono le intenzioni che contano, e queste non vengono (quasi) mai comprese, perché chi ascolta tende a metterci di suo, ad apportare il suo bagaglio personale a ciò che sente, attribuendo spesso intenzioni sbagliate al suo interlocutore. Questo  non solo preclude l’amore, che è un uscire da sé per donarsi all’altro reciprocamente, ma rende impossibile la stessa conoscenza  vera tra le persone. Puoi dire di conoscere qualcuno se capisci bene le intenzioni con cui agisce e parla. Ma se a queste intenzioni attribuisci cose derivate da te stesso, non c’è alcuna conoscenza, che verrà anche preclusa da eventuale pregiudizio ormai radicato. L’incomunicabilità, di cui alla fine tutti si lamentano, si può superare solo grazie ad un atto di volontà, la volontà di capire chi hai davanti, cioè di ascoltarlo davvero, al di là delle tue necessità, o impellenze, o egoistiche esigenze. Ed è  questa volontà spesso a mancare del tutto, arrivando a preferire di annientare la propria individualità per uniformarsi ad una massa che non ti guarderà mai per ciò che sei davvero. Ma allora non ci si può lamentare di non essere capiti, è una condizione in cui si vuole restare, un ruolo che ci si sente costretti a recitare, imprigionati, come i sei personaggi in cerca d’autore (cioè di una identità definita ed imprescindibile). Eppure capire non è poi così difficile. Basta ascoltare.  

(UP. Dal 26/feb/2012)

La (in)comunicabilitàultima modifica: 2016-01-19T01:20:00+01:00da ellypettino
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