Apr 7, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Discussioni lampo

Discussioni lampo

E’ uscito questo argomento, e ne sono venute fuori conclusioni interessanti. Se ad un bimbo dici “non si dicono le bugie”, lui ti chiede perché. E questo è ovvio. Per lui non c’è niente di male nella bugia, se la dice la dice per farti contento, per far piacere, quindi perché “non si deve” dire? Se poi da questo viene rimproverato duramente o addirittura punito (non ne parliamo se viene umiliato), ne avrà paura, ma continuerà a non capire perché, e quindi a non imparare. E’ sicuramente sbagliato essere duri su questo argomento, facendolo sembrare qualcosa di grave o irreparabile, perché non lo è. Si rischia, anzi, di ottenere l’effetto contrario, cioè che per paura il bimbo impari a mentire, a nascondere le sue bugie e a mettere a tacere la coscienza. E questo sì che è grave e irreparabile. Da quello che noto quando mi trovo di fronte ad episodi del genere, è bene “insegnare” – o forse meglio far capire – fin da piccoli che è meglio non mentire, perché da bambini la coscienza è viva, per loro conta l’evidenza, sempre. Non per niente  si dice che i bambini sono “la bocca della verità”, perché quello che vedono dicono, tanto che spesso fanno fare le cosiddette brutte figure agli adulti. Di conseguenza, se mentono, sanno di mentire, ne sono coscienti, perché  sono costantemente faccia a faccia con la loro coscienza. Ad esempio, quando mio nipote viene scoperto, ride, perché sa che sta dicendo una bugia, può sostenerla quanto vuole, ma non riesce ad ignorare l’evidenza. La sua risata è la coscienza che parla (infatti non riesce a trattenerla). Per cui, perché impari a non mentire, basta “lo sai che non è così”, fare appello alla sua coscienza, fargli capire che mentire non serve a niente, e che se mente non danneggia niente e nessuno,  ma fa sicuramente del male a se stesso. 

(succublog splinder, 3/10/2010)

Apr 1, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Pesce d’Aprile

Pesce d’Aprile


Eccomi puntuale alla ricerca della tradizione. E stavolta tocca al pesce d’Aprile.

La tradizione del pesce d’aprile, seguita in diversi paesi del mondo, consiste in uno scherzo da mettere in atto il 1º aprile. Lo scherzo può essere anche molto sofisticato e ha lo scopo di creare imbarazzo nelle vittime, in altri casi è solo un sistema per divertirsi fra amici.

Storia

Le origini del pesce d’aprile non sono note, anche se sono state proposte diverse teorie. Si considera che sia collegato all’equinozio di primavera, che cade il 21 marzo. Prima dell’adozione del Calendario Gregoriano nel 1582, veniva osservato come Capodanno da diverse culture, distanti come l’antica Roma e l’India. Il Capodanno era in origine celebrato dal 25 marzo al 1º aprile, prima che la riforma gregoriana lo spostasse indietro al 1º gennaio. In seguito a ciò, secondo una prima versione sull’origine di questa usanza, si creò in Francia la tradizione di consegnare dei pacchi regalo vuoti in corrispondenza del 1º di aprile. Il nome che venne dato alla strana usanza fu poisson d’Avril, per l’appunto pesce d’aprile. Ma dato che l’usanza è un po’ comune a tutta l’Europa, alcuni studiosi sono andati un pochino più indietro nel tempo e hanno ipotizzato come origine del pesce d’aprile l’età classica, ed in particolare hanno intravisto sia nel mito di Proserpina che dopo essere stata rapita da Plutone, viene vanamente cercata dalla madre, ingannata da una ninfa, sia nella festa pagana di Venere Verticordia alcune possibili comunanze con l’usanza attuale.

Sono andata “a pesca” (tanto per restare in tema di pesci http://www.gpspower.net/images/smilies/laughing.gif ) dei post che ho pubblicato negli anni passati, più o meno gli stessi, con un po’ di storia sul pesce d’aprile e qualche commento mio. E mi ci è venuto da sorridere. Non tanto per i contenuti quanto per la ripetitività. La qual cosa mi ha fatto riflettere su un particolare evidente e scontato che però non ho mai citato nei miei post, vale a dire, che in questa giornata, da che ho ricordo, si fanno più che altro solo scherzi stupidi. Sia come battute che come azioni. Tipo uscirsene con “lo sai che venendo qui ho visto un UFO?” “davvero??” “No! Pesce d’Aprile! Ahahaha”http://www.eupodiatamatando.com/wp-content/uploads/2007/09/clap.gif . Robe così. Poi ovviamente c’è il cretino di turno che ne approfitta per mettere fuori la sua natura e organizza veri e propri teatri con burle spesso spaventose più che divertenti http://www.vegegifs.com/smiley-emoticon/tinoir.gif. Cioè ride solo lui http://www.forumup.com/images/smiles/veronicas_ahsisi.gif http://i50.tinypic.com/f042s5.gif che non conosce neanche il detto “lo scherzo è bello quando dura poco”.  E d’altra parte, leggendone la storia, si può dire che più che con scherzi il pesce d’aprile è nato con inganni (vedi la povera Proserpina). Forse l’unica cosa bella è che puoi inventarti di tutto e poi, in caso di mala parata, salvarti in calcio d’angolo gridando “pesce d’aprile!”. Vale solo per oggi, però. http://www.tera-online.it/support/images/smilies/lol.gif

Mar 26, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Forma mentis

Forma mentis

Mio nipote Luciano, a 8 anni (oggi ne compie 13), decisamente pochi, eppure con un suo carattere già piuttosto definito e formato. Si parlava delle lezioni di catechismo, e alla domanda “di cosa parlate”, ha risposto con tono ovvio “ma di Dio”. E sorvolando sugli altri argomenti, se n’è uscito con la sua idea, o quella che si sta facendo, della morte, sostenendo molto argutamente che “chi lo sa se ce ne andiamo davvero, magari chi muore non se ne va, resta qui, o ritorna sottoforma di un’altra persona, chi lo sa”. Sbalorditivo. Ha sovvertito in un attimo la base della fede cattolica (e meno male che va a catechismo). A mio parere nemmeno tanto, perché non nega l’esistenza di Dio e la fede, ma in pratica trascura uno dei punti fondamentali del cattolicesimo, cioè inferno e paradiso,  l’anima che dopo la morte va da Dio per essere giudicata da lui in base a quello che ha fatto in vita (terrena). Luciano, alle primissime armi con questi concetti e con la vita stessa, sta valutando la possibilità della reincarnazione. I credenti fervidi, nonché le generazioni passate, si preoccupano nel sentirgli dire queste cose, perché, dicono, “una direzione bisogna dargliela, poi certo lui fa come vuole, ma dei valori dobbiamo trasmetterglieli”. Trasmetterglieli? E’ importante avere dei valori in cui credere, indubbiamente, ma i valori li troviamo noi, non possono esserci inculcati. E questa sua idea della morte, se resterà la stessa con la crescita, è comunque un valore valido se lui ci crederà profondamente. Cosa dovremmo dirgli? “No, ti sbagli, quando si muore si muore, non si resta qui, si va all’altro mondo, se sei buono in vita vai in paradiso, se sei cattivo vai all’inferno”. E’ questo che dobbiamo trasmettergli? Togliendo quella positività che obiettivamente fa parte della sua idea? E magari mettendogli la paura che se non fa il bravo brucerà in eterno. No, questi sono tabù, sono limiti, che condizionano e hanno condizionato troppo la mente umana per secoli. I valori inculcati prima o poi gli si sgretolano tra le dita, perché non ci crederà davvero, seguirà solo a pappagallo quanto gli è stato “insegnato”, senza conoscerne il vero significato perché si tratta di valori altrui, non suoi, non radicati in lui. Mi dispiace ma io non gliela tolgo la positività, anzi, voglio che sia positivo. Posso dirgli come la penso, posso dirgli quello in cui credo o non credo io, o che è giusto o ingiusto per me, ma cosa lo sia o meno per lui sarà lui a sceglierlo.  Dei valori li avrà, avrà i suoi, se li farà, quelli in cui crederà e per i quali combatterà, se necessario. Imparerà vivendo, attraverso le sue esperienze, tutto ciò che è bello e tutto ciò che non lo è, imparerà cos’è la vita, cos’è l’amore, e cos’è la sofferenza della perdita; imparerà che non serve fuggire dal dolore perché quando si ama, qualsiasi cosa si ami, il dolore è parte integrante del tutto e imparerà che avere valori è fondamentale per capire chi sei e cosa vuoi, e per trovare la forza di affrontare e superare qualsiasi dolore; imparerà che con una sola parola si può distruggere la vita di un’altra persona, starà a lui scegliere se farlo o meno,  sarà lui stesso – di sua coscienza – a scegliere se frenarsi oppure no,  perché può scegliere, ne ha piena libertà. E questa è, al limite, l’unica cosa che voglio “trasmettergli”.

Buon compleanno, pulcino.

Mar 25, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Col senno di poi

Col senno di poi

…e terminerei la frase con un “grazie al cavolo”. No, sinceramente a me piace questa espressione, col senno di poi. Mi piace pronunciarla, e rifletterci anche su. Ma, diciamocelo, che caspita di senso ha? Sarebbe come dire “se potessi prevedere il futuro”, quindi una cosa impossibile. Perché chi, sapendo come andranno le cose nel tempo, non cambierebbe idea sulle proprie azioni diecimila volte (al minuto)? Col senno di poi, non avrei fatto così ma avrei scelto quest’altra strada. E grazie al cavolo! E’ di una ovvietà ovvia che di più non si può. Motivo per cui, anche se non mi dispiace l’espressione in sé, preferisco non soffermarmici, a meno che non ho tempo da perdere, così, in divagazioni varie ed inconcludenti. Anzi, a dirla tutta, mi ci sale il nervoso, perché pensare, o meglio realizzare, di aver sbagliato strada fa un po’ girare i cestini, direi. Ma tant’è, è molto più facile questo che il contrario. E spesso non dipende nemmeno da noi. Per parlare in generale, se il Comune non avesse stabilito di chiudere una strada al traffico e aprirne un’altra in alternativa molto più lunga, io magari non sarei arrivata in ritardo nel dato posto e non avrei perso un’occasione importante, (o che ritenevo tale, almeno). Perché ogni azione e decisione ha, come penso di base, tante conseguenze su tanti (per non dire tutti), conseguenze che non puoi vedere finché non te le trovi davanti. E con chi te la prendi, a quel punto? Con chi ha deciso di chiudere la strada? O con te stesso, e la tua incapacità di trovare una soluzione utile e tempestiva? Ma poi a che serve prendersela? Alla fine, se in quel dato momento abbiamo deciso e scelto quella determinata soluzione vuol dire che in quel dato momento ci sentivamo di fare così, abbiamo in fondo deciso in base alla nostra natura, e magari scegliere diversamente ci avrebbe fatto stare a disagio, e vivere con il rimorso. E allora, caro senno di poi, servi come un cavolo a merenda. D’altra parte come dice il proverbio? Del senno di poi son piene le fosse. Giustamente. Viva la vita, per quella che è.

Mar 22, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Fede e/o Scienza

Fede e/o Scienza

 

C’è una frase di Margherita Hack:

“Credo che uccidere qualsiasi creatura vivente sia un po’ come uccidere noi stessi, e non vedo differenze tra il dolore di un animale e quello di un essere umano”

che condivido totalmente. La particolarità che mi ha maggiormente colpito è che a dirla sia stata proprio lei, la scienziata atea, che, ammetto, non conosco quasi per niente, ho letto pochissimo e quello che ho letto mi ha sempre suonato piuttosto scontato, semplicistico, che non ti aspetti da una studiosa delle stelle razionale e materialista, dalla quale penseresti di sentire parolone incomprensibili e formule di fisica e matematica. Ho sempre pensato che scienza e fede non si escludano mai del tutto a vicenda. Gli stessi grandi scienziati della storia, se non tutti quasi tutti, hanno riconosciuto che la mente umana ha i suoi limiti oltre i quali regna il mistero (della fede, forse). Resta però fermo anche il fatto che la fede è qualcosa di soggettivo e personale (come l’amore), ognuno la trova e la vive a modo suo, non può essere forzata né inculcata da niente e nessuno (come l’amore), né tanto meno ricercata in dimostrazioni “visibili”. Tornando alla frase citata, la condivido fino in fondo, in ogni senso – dato anche che sono assolutamente contro la vivisezione e ritengo che torturare vite in nome della scienza per la vita (come certi scienziati ritengono, arrogandosi il diritto anche di decidere chi far morire) sia in realtà legalizzarne un suo abuso, nonché una presa in giro bella e buona.  Ma quello che più di tutto mi fa pensare, è che, nonostante questo pensiero appartenga ad una scienziata dichiaratamente atea, a mio parere si tratta di un pensiero tutt’altro che ateo. Al contrario, il concetto di comunione gli uni con gli altri, di rivedere noi stessi negli altri,  di riconoscere e comprendere, quindi evitare, la sofferenza altrui in quanto esseri viventi come noi, è il fondamento della fede. Anche se non si parla né si accenna minimamente ad una qualche presenza soprannaturale, credere fortemente nella vita in sé, animale e vegetale che sia,  amarla e magari spendere tutto il proprio tempo a prodigarsi per salvaguardarla, è il più esplicito atto di fede che ci sia.

Mar 19, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Proprio un bel mondo “moderno”

Proprio un bel mondo “moderno”

Eh sì, siamo in epoca moderna noi. Ci sono i computer, eeeeh, abbiamo cellulari super-tecnicizzati, navigatori che ci guidano anche dentro i vicoli ciechi, siamo proprio in epoca moderna sì.

Ma perché, essere moderni significa sovvertire i valori passati? Pare di sì. Tutto ciò che è passato, via, zac, non vale più. In passato si usava il bianco? Beh noi moderni usiamo il blu, per forza, altrimenti siamo “antiquati”. In passato si usava avere un solo compagno? Noo, via, basta, oggi rapporti multipli. Fa moda. ……. D’accordo, sì, sono ironico-polemica, lo ammetto. Ma caspita no, il passato bisogna considerarlo innanzitutto per imparare, ed evitare di commettere gli stessi errori, cosa che a quanto pare non si fa, basti guardare la storia. E poi, francamente non riesco ad accettare questo mondo moderno in cui nel vero senso della parola è più facile uccidere che voler bene. Voler bene non si usa più? No, è da deboli. E mica siamo nell’ottocento, quando si facevano pazzie per amore! No, infatti oggi chi molla famiglia, con figli, e se ne va a fare l’idiota in giro a divertirsi per fatti suoi è considerato pazzo, “si è  impazzito”, dicono, che ci vuoi fare? E perché le “pazzie” non possono essere belle tipo quelle dell’ottocento, quando si faceva di tutto per la persona amata, e l’amore era considerato felicità e non, come in epoca “moderna”, una catena che impedisce di essere liberi? Ma liberi di fare cosaaa. Di distruggere una famiglia che tu ti sei costruito, mica io, e chi te lo ha fatto fare se non volevi, per andare poi a distruggere altre vite, perché alla fine questo accade, in un modo o in un altro. Ma nel mondo moderno questo è, e questa è “libertà”.
Che poi quello che più mi sconcerta è che tanta, ma tanta gente, si dichiara bisognosa di affetti, terrorizzata dalla solitudine (terrore che per me equivale all’egoismo, però, perchè quando hanno bisogno loro cercano, quando no e hanno bisogno gli altri, fuggono senza scrupoli in solitudine – ma questa è libertà, oggi). Eppure A PAROLE tutti o quasi si dichiarano in cerca dell’amore. Ma siete sicuri che lo cercate, se poi fate tante storie in merito? Oggi amare sembra una vergogna, un’onta, una lesione alla libertà altrui.( Invece massacrare di botte, denigrare e distruggere socialmente, fino ad ammazzare i propri figli no, questo non offende nè lede la libertà delle vittime, questo no…). Se ami sei retrogrado e “soffocante”, se invece sei egoista e menefreghista va bene, eeeh d’altra parte sei fatto così, passiamoci su. Ma sìì, beh, siamo in epoca moderna, i sentimenti non sono fondamentali, sono per deboli. La gelosia, ad esempio, nessuno la prova, che scherzi! Roba da retrogadi, limitante, no no no. In pratica essere gelosi è una vergogna, mentre essere cattivi egoisti invidiosi no, è un modo di essere (…). Tutte parole. Quando poi ci capita chi parla sentiremo che musica! Perché la gelosia c’è, come si fa a negarlo? E come si fa a denigrare questa e a non infuriarsi senza fine di fronte alla cattiveria o alla totale mancanza d’amore che si vede in giro? Perché è tutto rovesciato. I valori che c’erano appartengono al passato, e se guardi il passato necessariamente non sei moderno. Tutte paroleee.  Che sembrano messe insieme per darsi un’aria di modernità e nascondere ciò che invece appartiene proprio a chi parla, il quale, siccome bolla e classifica gli altri in base alle apparenze, a ciò che vede esternamente, fa di tutto per dare un’immagine “moderna” di sè, non importa se è del tutto falsa e lontana dal suo vero modo di essere, l’importante è far credere di essere migliore di ciò che è. Ma migliore in base a quali parametri? Perché, lo dicono tutti, cio che è migliore per me può essere peggiore per un altro, e viceversa. Ma che domanda è la mia? Non hanno importanza i parametri, l’importante è APPARIRE MIGLIORE. Questo sapete a cosa mi fa pensare? Agli anni 50, americani e non, quando c’erano quelle locandine di vita perfetta, con la moglie sempre impeccabile, casalinga integerrima, madre devota. E invece nel tempo sono venute fuori verità atroci che si nascondevano dietro quella facciata perfetta, tradimenti senza sosta, angosce continue, nonchè violenza di ogni tipo, che veniva giustificata con assurdità quali “ho sbattuto contro lo stipite”, o “ho inciampato in cucina”. Tutto per nascondere la verità scomodissima, dipingendola sotto i colori caldi di una vita ideale che non esisteva. Tutto per nascondere e soffocare i sentimenti personali  e ciò che si era davvero, in nome di una posizione sociale che era fondamentale per non sentirsi “fuori” – altra illusione, come si può essere “dentro” qualcosa se si finge continuamente? (quindi alla fine altro che tagli al passato. Corsi e ricorsi storici, piuttosto.)
Ma tanto gli anni 50 sono lontani. Non c’è più niente di allora. Di certo la moda è cambiata, i progressi tecnologici non si contano. Infatti. Allora era più “facile” tenere la verità nascosta, non c’era modo di far risapere, oggi invece sì, quindi è diventato fondamentale creare sempre più illusioni, su se stessi e sulla propria vita, in modo da dare un’immagine irreprensibile di sè. Ma non è vero che, tra illusioni e bugie, presto o tardi ciò che siamo davvero va perso, dimenticato, confuso tra le varie invenzioni che ci siamo creati? Sì, è così. Ed è possibile che il tempo, per secoli e secoli, ci abbia insegnato solo a cancellare gradualmente e sempre di più la nostra personalità? No, non è possibile. Eppure in epoca moderna è questa l’usanza. Gli anni 50 sono un passato remoto, quindi bollati, via, sovvertiti in quanto “non moderni”, o anti-moderni. Eppure cosa c’è di diverso? Si fingeva allora e si finge oggi. Andare in giro a fare pazzie, trasgredire, va bene, è “moderno”, fa tendenza, non importa se facendolo si sfasciano famiglie e si calpestano i sentimenti di altri, cosa sono i sentimenti? Niente, roba da romantici antiquati (…). Gli errori di allora si continuano a commettere, si ostenta la “moderna apertura mentale” sui fatti altrui, mentre per se stessi si è intransigenti e retrogradi (dando allo stesso tempo ai propri fatti i colori caldi -e finti ma che piacciono- delle locandine anni 50). Ma l’importante è che la facciata sia ben impostata. Bene. Torno a chiedere, cosa c’è di diverso dagli anni 50? In fondo cosa è cambiato? Niente. Siamo sempre uguali. Più che mondo moderno, io questo lo chiamerei “guazzabuglio medievale” (cit.) Non cambia niente andando di questo passo, e non cambierà proprio perché, per sentirci “moderni” e, fondamentale, essere DEFINITI tali dagli altri che ci guardano, ci rifiutiamo di guardare il passato ed eventualmente correggere i nostri errori. Ma continuiamo così, andiamo avanti, gettando le basi “moderne” per un futuro “moderno” che non proporrà niente di nuovo rispetto a noi moderni di oggi se non una ribellione ad oltranza verso questo attuale mondo “moderno”, che per i pronipoti non sarà altro che il loro “passato antiquato” da cancellare, di cui liberarsi ad ogni costo, in modo da poter instaurare la nuova “moderna modernità”.
…ma quando la cambiamo quest’ottica per diventare moderni sul serio?

(succublog: 31/08/2011)

Mar 17, 2016 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Dalla parte del male

Dalla parte del male

power_off.pngnon mi viene altro da pensare quando leggo certi commenti vergognosi a link o notizie drammatiche, che parlano di tragedie o malattie, o deformità. Commenti di chiamiamole “persone” che additano a “mostri” quando in realtà i veri mostri sono proprio loro. E il peggio è che se tu reagisci facendoglielo notare, ti si rivoltano contro dandoti del moralista – come difetto, ovviamente. Sentire solidarietà per le disgrazie altrui è un difetto?? E così mi tappano la bocca, tanto per parlare di diritto di parola. Ebbene sì, sono moralista, se moralista è questo, quindi?? Che male faccio, se mi commuovo o comprendo o magari, come fortunatamente c’è chi fa, mi do da fare per cercare di risolvere i problemi che affliggono alla fine tutti quanti, direttamente o no, nessuno escluso. Che male faccio? Mentre cosa dire di loro? Si può anche pensare che come io sono moralista loro sono finti anti-moralisti che si sentono in difetto quando gli altri si muovono e per evitare vigliaccamente di fare qualcosa per qualcuno prendono questi atteggiamenti, che – ma loro non possono saperlo, certo – possono ferire ulteriormente chi ha già avuto il suo enorme peso da sopportare. Si può pensare questo di loro, visto che non hanno un briciolo di sensibilità, né tanto meno di umanità, e poi sono i primi a lamentarsi di non essere capiti o a sbraitare per il diritto di parola. La vergogna non la conoscono, oppure, peggio, si nascondono dietro ad un computer per dare il peggio di sé. E ci riescono benissimo! Quindi possono autodefinirsi mostri tranquillamente, invece di dirlo di chi sta male e fare battutacce di una cattiveria indicibile, che può risiedere solo in una mente deforme, quello che sia il loro aspetto che tanto criticano negli altri. Sulle deformità di bambini, addirittura, davanti alle quali non escono nemmeno le parole, solo lacrime di dispiacere, questi prendono e offendono nel modo più violento, come se quelle povere creature avessero scelto loro di nascere in quel modo! Chi passa il tempo, fossero anche due minuti, a prendere in giro gli altri per l’aspetto può accartocciare la propria vita da subito e gettarla al macero, perché altro non è che una vita sprecata. Se proprio non hanno parole di comprensione e solidarietà possono stare zitti. Ma caspita com’è che c’è tanto predicare il silenzio, che è oro, che è prezioso ma gente come questa zitta non ci sta mai? Il loro silenzio dovrebbe essere prescritto dalla legge,  altro che prezioso! E questo sull’aspetto fisico. Non parliamo dei commenti sulle malattie. Ma come si permettono di essere anche in minima parte volgari e crudeli sulla malattia e la sofferenza, anche di bambini? Come possono farlo e poi continuare a respirare? Alcuni dicono che così è, che la cattiveria esiste, e blablabla sticavoli. Non è che esiste la cattiveria, esiste gente perfida che ce la mette tutta per essere perfida, lo fa con ogni intenzione, senza la minima capacità di capire, e con la vera prepotenza, la vera arroganza, che sia perché si diverte in questo modo o perché se ne strafrega di come stanno gli altri, basta che non ci sta lui, è grave uguale. E non è tollerabile. Non si può sopportare che ci sia tanta difficoltà a dire ti voglio bene e tanta facilità nel fare del male, NON SI PUO’ TOLLERARE. Chi ha problemi da affrontare, come una malattia, o una deformità invalidante, magari cerca un sostegno, anche solo una parola per alleviare le sue sofferenze, ci manca pure la malignità di certa gente da sopportare. Si parla tanto di libertà di parola, tutti lì a proclamarla, e anch’io la ritengo sacrosanta. Ma stando così le cose, ora credo che prima della libertà di parola bisognerebbe gridare e pretendere il diritto di sensibilità!

Pagine:«1234567...82»