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Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Rapporti – e ancora la coppia

Rapporti – e ancora la coppia

Più che altro qui riporto, prendo spunto e sviluppo considerazioni che ho già fatto altrove, sia a voce che per iscritto.
Intorno a me ho alcune situazioni molto tristi. Anche perchè in certi casi di mezzo ci vanno i figli (spesso piccoli). Io dico, ma perchè continuare a stare insieme? E’ solo una sofferenza, e anche centellinata. Per i figli? Noo, spesso è solo egoismo, mancanza di voglia di affrontare le conseguenze, quieto vivere, tanto ci si ritaglia i propri spazi e si può tranquillamente convivere in questi mantenendo in vita il resto, quando il resto dovrebbe essere chiuso e sistemato, per il bene di tutti. I figli? I figli stanno peggio. I bambini soprattutto non chiedono altro che onestà da loro genitori. Seppure li vedessero darsi da fare, tra una difficoltà e l’altra, ma per il loro bene, tentando di essere in accordo, sempre per il loro bene, ma senza continuare a restare accoppiati, sarebbero sicuramente più sereni. Così si sentono in qualche modo ingannati, magari vedono i genitori che litigano, che non si sopportano, o che vagano per altre storie, e notano (perchè i bambini notano tutto) che uno dei due viene umiliato dall’altro, trascurato e maltrattato – a parole se non peggio – e ugualmente si dà da fare con loro, restando un punto fermo, ci stanno malissimo, doppiamente, e perchè devono “capire”, perchè devono sopportare tutto questo, quando il loro unico dovere è viversi la loro età spensieratamente? Una coppia che continua a restare insieme, per i motivi che non siano amore e basta, arriva per forza di cose ad odiarsi, a non tollerarsi più per niente, per finire comunque col separarsi, ma a quel punto solo in malo modo. E perchè arrivare a questo?! Ci si confronta per poi affrontare quello che c’è da affrontare, comprese le responsabilità RECIPROCHE che nel corso di anni hanno messo in ballo e le persone che la loro unione ha coinvolto. Dice, “non è così facile”. Ma perchè, in quell’altro modo lo è? Dove lo è? Non lo è per nessuno, nè per la coppia, che si “sopporta”  per forza di inerzia, nè tanto meno per i figli, che ne risentono e ne soffrono, restando segnati a vita da quello a cui assistono ogni santo giorno. Così sì che è complicato, molto più che chiarire tutto, sistemare tutto e tutti, ognuno facendo la propria parte, e prendendo la propria strada quanto più serenamente possibile, dando anche agli altri coinvolti la possibilità di farlo. Cosa c’è in questa soluzione di più complicato (e doloroso) rispetto all’altra? 
Ecco, l’amore è per la coppia quello che la salute è per l’individuo. Non può mancare.

e di nuovo un esempio che va malino. Sono proprio scoraggiata. So bene che non è facile, che le cose non sono così categoriche come le vedo io, e qua e là. Ma possibile che la gente vuole star male? Se si è in coppia si vive la coppia, già se si parla di spazi secondo me qualcosa stona, non per altro, ma perchè GLI SPAZI CI SONO QUANTI NE VOGLIAMO, non ce li toglie nessuno, quindi il discorso “spazi” non dovrebbe proprio essere affrontato, è assolutamente implicito. E poi, se a mettersi in discussione è solo uno dei due, se questo si ritrova sempre solo ad affrontare i suoi problemi, preoccupandosi di non addossarli all’altro, e l’altro nemmeno se ne accorge, QUALCOSA NON VA. Se ti arrabbi per qualcosa che l’altro fa, e l’altro ti guarda stizzito, scocciato o addirittura si arrabbia per questo, non c’è comprensione, e QUALCOSA NON VA.
Non si può stare male insieme, se si discute e si litiga senza arrivare ad una soluzione o ad un chiarimento e restando quindi ogni volta con l’amaro dentro, significa che a uno, o ad entrambi, manca qualcosa, e che la coppia non è felice. E se è proprio l’amore che manca? Chi ti vuole bene non ti dà nemmeno il tempo di farti domande nè di metterti in discussione nè di sentirti inferiore in qualche modo. Se ciò non avviene, non è te che devi mettere in discussione, ma il tuo rapporto con questa persona. In due si può essere molto più infelici che in solitudine, perchè in solitudine almeno hai te stesso, in tutto e per tutto, in due no, perdi te stesso dietro a fissazioni del tipo dov’è che ho sbagliato, stavolta è finita. NON SI PUO’ VIVERE UN RAPPORTO CON LA PAURA DI PERDERE L’ALTRO, se l’altro se ne va non è per quello che fai, ma è perchè non ti ama per come sei, e se è così, per quanto tu possa fare, non ti amerà mai. Amare non vuol dire di sicuro perdere la propria dignità, tanto meno permettere che l’altro te la tolga. Non basta considerare questo per capire che non si sta sulla strada giusta? Non basta considerare che, se si prendono sempre facciate ogni volta che si prova ad esternare il proprio malcontento, significa intanto che l’altro non capisce o peggio non vuole capirlo, e poi, soprattutto, che se hai malcontento dentro, sei tu che non stai bene innanzitutto, è a te che non vanno bene le cose. Questo dovrebbe farti capire che è tempo di svoltare.
Una dietro ogni angolo di storie del genere, quando vedi qualcuno guarire da tutto questo, arriva qualcun altro a terra, per gli stessi motivi. C’è che io sono, più che stanca, dispiaciuta da quanto sento, dispiaciuta di leggere dispiacere e nient’altro, e sentir ripetere sempre degli stessi errori, da parte di persone degne di tutta la stima possibile, che però si svalutano e sottovalutano a causa di quello che provano. Non sentirsi amati è brutto, è vero, ma stare  con qualcuno   per forza   lo è il doppio. L’amore non è questo, l’amore fa stare bene anche quando fa stare male. ED E’ SEMPRE RECIPROCO.
E’ sbagliato tutto questo? troppo categorico? E non è categorico e sbagliato forse mettersi in discussione di continuo e perseverare in quello stato senza valutare il fatto che magari si è scontenti per primi della situazione?

(succublog splinder: 27/07/2011)
Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su La morte di Amy Winehouse

La morte di Amy Winehouse

mi mette tristezza. Se la sarà voluta, se la sarà cercata, ma mi mette tristezza ugualmente. Personaggio discutibile, e bravissima cantante. Lei come Heath Ledger, due coetanei (27/28 anni), nel mondo del successo, in grado di avere tutto, tutto quello che chiunque desidererebbe, fama, benessere, lavorare e guadagnare esprimendo il proprio talento e dedicandosi alla propria passione. Cosa manca a queste persone? Mi sembra molto triste. Non c’è niente di più triste di una mente che imbocca quel tunnel e non riesce più a venirne fuori, è come se precipitasse, e niente (e nessuno) esiste a trattenerla qui, nè i valori materiali nè quelli affettivi. La depressione, la disperazione mescolati alla possibilità economica che permette di procurarsi tranquillamente determinate sostanze, non fanno altro che aiutare queste persone a precipitare sempre di più, a rifugiarsi nella totale perdita di coscienza, fino al momento fatale. Quasi si gettassero in caduta libera, aspettando solo il momento di toccare il suolo. Persone che nuocciono a loro stesse, non altro. Per cui non provo schifo nè rabbia per loro. Ben diverso è quel tipo, dalla faccia “pulita”, che ha fatto strage per pura follia, un soggetto pericoloso per la società che va semplicemente rinchiuso (possibilmente per sempre). Lo curassero, se ci riescono, ma intanto quelle persone chi le riporta in vita? Per lui sì che provo rabbia, e orrore, che genere di pietà si può provare per chi sfoga le sue turbe psichiche sugli altri arrivando ad uccidere? Nessuna pietà per lui. Ma tanta pietà e dispiacere per i giovani Ledger e Winehouse, le cui turbe mentali non hanno danneggiato altri che loro, stretti nella morsa  della totale disperazione e mancanza di valori ai quali aggrapparsi per trovare la forza di vivere (o almeno sopravvivere). anime perse in solitudine. Perchè chi non ha (o non ha più) valori è veramente e completamente solo.

(succublog splinder: 24/07/2011)

Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Ma al destino ci credete o no??

Ma al destino ci credete o no??

Io no!

No,  scherzo, spiego bene. Io credo che ci sia il “predestinato”. Esempio, se sei predestinato ad incontrare una data persona, la incontri a dispetto di tutto (vedi il film “I guardiani del destino”, dove però subentra l’amore, a cui il destino fa un baffo e mezzo). Ma per il resto, siamo il risultato di tutte le nostre scelte, dalle più piccole alle più grandi. Se una cosa che ci si aspetta non accade, non è per “destino”, ma perchè le nostre scelte ci hanno portato in un’altra direzione. I motivi possono essere molteplici, che so, o inconsciamente non vogliamo che in realta ciò che aspettiamo accada, o ne abbiamo timore, o semplicemente siamo attirati da altro, ecc ecc. Fatto sta che tutto dipende da quello che scegliamo di fare momento per momento. Ragionamici più approfonditamente.
Mi rivolgo a chi crede nel destino: se voi sapeste di poter conoscere il vostro destino, vorreste conoscerlo? O lascereste tutto a sorpresa, senza nemmeno una minima curiosità di sapere in anticipo ciò che sarà, e magari poter, in caso negativo, modificarlo? Io vorrei sicuramente, non per altro, ma perchè sono troppo curiosa. E ora mi viene un’altra domanda: se è vero che esiste il destino, a che servono le esperienze? Si potrebbe rispondere “a scoprire o capire il nostro destino”, o “a conoscere noi stessi”. Ma allora, se questo destino c’è e deve essere solo scoperto da noi, che scegliamo a fare, che decidiamo a fare? Tanto è tutto già deciso. O ancora, perchè spesso e volentieri, tutti noi ci siamo preoccupati, se non disperati, di aver fatto una data scelta sbagliata? Non era sbagliata, era destinata, quindi non abbiamo sbagliato niente, era “destino” che scegliessimo in quel modo. O forse nel destino c’è compreso anche l’errore (e spesso si tratta di errori irreparabili, purtroppo), per cui tu stai sbagliando strada ma devi procedere per di là perchè era destino che sbagliassi strada? Tra l’altro, non voglio sconfinare nel drammatico, ma che destino è quello di un bimbo che nasce malato? Chiamarlo destino beffardo è poco. Non so, non riesco a spiegarmi tutto questo.   A me viene molto più logico credere (sempre con riserva e per esperienze personali, non come dogma, questo è implicito) che siamo il risultato delle nostre scelte, nel bene e nel male, che la nostra maturità sta nel prenderci la totale responsabilità di quello che scegliamo, pronti eventualmente a tornare indietro, se è possibile, o almeno provarci, per prendere un’altra strada, e che le nostre scelte sono inevitabilmente collegate con quelle degli altri (a meno che non facciamo gli eremiti), che a loro volta sono inevitabilmente collegate con le nostre.
Il discorso OVVIAMENTE cambia se subentra l’amore (e il suo intricato mondo delle emozioni). Tutte le scelte, che siano del destino per chi crede nel destino, o nostre personali, prendono il via e avanzano finchè non intoppano nell’amore, che spesso e volentieri (ma naturalemente SEMPRE E SOLO se gli interessati lo scelgono) scombussola ogni piano possibile ed immaginabile. Eh sì, anche quelli perfettamente delineati del signor Destino.

(succublog splinder: 16/07/2011)

Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Arte – il tocco divino dell’umanità

Arte – il tocco divino dell’umanità

per quanto ci siano diversi artisti nella storia dell’uomo di notevoli capacità creative, quello che personalmente preferisco in assoluto è Michelangelo. Ho detto un nomignolo a caso, vero? Beh, è vero che nessuna delle persone con cui ho parlato ha mai detto “nnno, Michelangelo non mi piace più di tanto”, nel senso, che sia stato un grandissimo artista, sembra cosa universalmente riconosciuta. Però è anche vero che c’è chi gli preferisce altri o altro tipo di arte. Per me invece è l’artista per eccellenza, in generale, e in particolare come scultore. E nel considerare questo, ho riflettuto su una sua opera a caso, il David – che ho anche visto dal vivo, cioè non solo in fotografia.

Mi chiedo come sia possibile realizzare a mano un’opera simile. Un unico blocco di marmo grezzo da cinque metri, scalpellato e levigato fino ad ottenere una perfezione simile. Tutto, ogni minimo particolare anatomico, è  stato realizzato, e quando dico ogni minimo particolare mi riferisco anche a quelli che a momenti non sapevo nemmeno che esistessero nel corpo umano. L’ossatura e la muscolatura perfettamente adattate alla posizione del corpo, l’espressione del viso, con la tecnica della pupilla perforata che, ho saputo, è stato il primo ad utilizzare (per dare profondità allo sguardo ),  le clavicole, le unghie, persino le vene rigonfie per la pressione sanguigna. Insomma, è incredibile pensare che si possa realizzare un’opera simile, e dal marmo poi, che non è creta che eventualmente ribagni e riplasmi! E se sbagliava? Se una clavicola gli veniva leggermente spostata, oppure troppo profonda, o storta? Che faceva, buttava il pezzo di marmo e ne prendeva uno nuovo per ricominciare daccapo?
Resto meravigliata e completamente affascinata di fronte a tali meraviglie. E anche incredula. Tanto che se si venisse a sapere che in realtà il David era un gigante che fu catturato, bloccato sotto una colata di gesso e lasciato in questa posizione, mi suonerebbe molto più credibile dell’idea che un’opera tanto perfetta sia stata creata dalla mano di un uomo.

per quanto ci siano diversi artisti nella storia dell’uomo di notevoli capacità creative, quello che personalmente preferisco in assoluto è Michelangelo. Ho detto un nomignolo a caso, vero? Beh, è vero che nessuna delle persone con cui ho parlato ha mai detto “nnno, Michelangelo non mi piace più di tanto”, nel senso, che sia stato un grandissimo artista, sembra cosa universalmente riconosciuta. Però è anche vero che c’è chi gli preferisce altri o altro tipo di arte. Per me invece è l’artista per eccellenza, in generale, e in particolare come scultore. E nel considerare questo, ho riflettuto su una sua opera a caso, il David – che ho anche visto dal vivo, cioè non solo in fotografia.

Mi chiedo come sia possibile realizzare a mano un’opera simile. Un unico blocco di marmo grezzo da cinque metri, scalpellato e levigato fino ad ottenere una perfezione simile. Tutto, ogni minimo particolare anatomico, è  stato realizzato, e quando dico ogni minimo particolare mi riferisco anche a quelli che a momenti non sapevo nemmeno che esistessero nel corpo umano. L’ossatura e la muscolatura perfettamente adattate alla posizione del corpo, l’espressione del viso, con la tecnica della pupilla perforata che, ho saputo, è stato il primo ad utilizzare (per dare profondità allo sguardo ),  le clavicole, le unghie, persino le vene rigonfie per la pressione sanguigna. Insomma, è incredibile pensare che si possa realizzare un’opera simile, e dal marmo poi, che non è creta che eventualmente ribagni e riplasmi! E se sbagliava? Se una clavicola gli veniva leggermente spostata, oppure troppo profonda, o storta? Che faceva, buttava il pezzo di marmo e ne prendeva uno nuovo per ricominciare daccapo?
Resto meravigliata e completamente affascinata di fronte a tali meraviglie. E anche incredula. Tanto che se si venisse a sapere che in realtà il David era un gigante che fu catturato, bloccato sotto una colata di gesso e lasciato in questa posizione, mi suonerebbe molto più credibile dell’idea che un’opera tanto perfetta sia stata creata dalla mano di un uomo.

(succublog splinder: 13/07/2011)

Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Sogni-Ricordi-Sensazioni

Sogni-Ricordi-Sensazioni

In fondo non sono una cosa sola? Non vi capita mai di avere un ricordo di cui non siete certi, nel senso, non sapete se sia qualcosa di realmente accaduto o che avete solo sognato in qualche notte indefinita? A me capita. E questo perchè i ricordi e i sogni si basano, almeno nel mio caso, principalmente sulle sensazioni che lasciano. Ad esempio, al risveglio spesso “ho la sensazione” di aver sognato qualcosa, che non ricordo assolutamente nei particolari, ma di cui ho una forte sensazione. E lo stesso mi capita con i ricordi di fatti accaduti, di situazioni reali. Tipo, ho il ricordo dei giorni in montagna, la luce verso sera, l’aria fresca in tutti i sensi, i suoni, un po’ ovattati, delle voci fuori della casa, persino gli odori del fumo dei camini, tutte sensazioni “reali”, ma nessun particolare nè di chi c’era, nè di quando era, solo che mi sentivo bene. Rifletto spesso su questa cosa, sul fatto che noi tutti siamo fatti di sensazioni, buone o cattive che siano, lasciate dalle esperienze contingenti vissute. C’è chi di queste esperienze ricorda tutto il contingente, compresa data ora, luogo, nomi dei presenti, come era vestito, tutto, come se fotografasse con scrupolosità ogni aspetto e fotografandolo imprimesse quell’istante nella propria mente, oltre, ovviamente, a ricordarne la sensazione per filo e per segno (o forse imprime il tutto proprio in conseguenza alle sensazioni provate). E chi invece, come me, non conserva alcuna memoria dei particolari, non ricorda dove quando e con chi (fatta eccezione se la sensazione è collegata con una persona, ovviamente), ricorda solo come si è sentito. E il ricordo in fondo è questo, il sentire, l’effetto che i fatti reali hanno su di noi, come il sogno.  Per me le sensazioni sono molto più attendibili e “reali” della realtà stessa. Col tempo le immagini, persino i volti, sbiadiscono nella mente, si perdono, e davvero si arriva a dubitare di aver vissuto realmente certe situazioni, non si riesce più a distinguere la realtà dal ricordo. Le sensazioni no, non si perdono, restano le stesse per sempre, e non hanno bisogno di essere “ricordate”, non hanno bisogno di un particolare realistico per esistere, sono là, come un filo conduttore tra “noi del passato vissuto” e “noi del presente dei ricordi”.
Riflettendo su questo non posso fare a meno di pensare anche a quanto siamo tutti uguali, sempre e da sempre. In ogni epoca, in ogni paese, da bambini e da adulti, non abbiamo forse tutti le stesse sensazioni? Le paure sono le stesse, i sentimenti sono gli stessi, la gioia, la tristezza, gli incubi, fin da bambini, sono gli stessi. Spesso sento dire “non siamo tutti uguali”, ma invece no, lo siamo eccome. Già solo se penso a quante volte ho sentito dire da altri, emeriti sconosciuti, cose che penso da una vita. Sì, si può dire che affrontiamo diversamente le esperienze che ci capitano, in base al carattere, all’indole, che sia chiusa o aperta, razionale o impulsiva, questo è chiaro, io reagisco in un modo e tu in un altro, qui la differenza c’è, ma è tutta qua, perchè alla fine un’esperienza che ci spaventa ci lascia la paura, e la paura è la stessa per tutti, un po’  tutti abbiamo paura delle stesse cose. O quando ci innamoriamo, siamo presi tutti allo stesso modo, in quanto a “sensazioni”, che poi viviamo (cioè esterniamo) diversamente a seconda del carattere
Siamo fatti di sensazioni. E mi chiedo, valutando queste cose che ci accomunano così tanto, come si fa a credere e ad affermare che siamo tutti diversi.

(succublog splinder: 06/07/2011)

Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Comportamenti umani – paure – insicurezze

Comportamenti umani – paure – insicurezze

Rieccomi con la psicologia. Ho riscontrato ultimamente alcuni comportamenti che probabilmente si potrebbero definire patologici. Uno di questi, particolarmente diffuso, è la mania di persecuzione. Mi sono documentata in materia e ho trovato questo sito (http://www.lorenzomagri.it/20080910111/psicologia-clinica-e-patologie/manie-persecuzione-e-delirio.html), in cui vengono delineate in modo chiaro e conciso le caratteristiche di questo disturbo.
Cito: […]

Manie di Persecuzione: un caso clinico

Manie di Persecuzione: l’idea dell’esistenza di un mondo avverso

Manie di persecuzione

Il deliro di persecuzione, spesso indicato impropriamente come mania di persecuzione, è un delirio in cui il soggetto ritiene che tutto e tutti siano contro di lui, che tutto sia fatto e detto per sfavorirlo.

“Mi pare sempre assai strano che si abbia questa parola che, in effetti, significa che qualcuno ha la sensazione di essere perseguitato allorché le persone che lo perseguitano non lo ritengono tale. Ma invece non abbiamo una parola per la condizione in cui si perseguita qualcuno senza rendercene conto, condizione che avrei ritenuto seria quanto l’altra e certamente non meno comune”. (R.D.LAING)

Nel delirio di persecuzione, la persona ha un costrutto delirante nel quale si sente al centro di un complotto e ci possono essere una serie di segnali di questo complotto in atto che la persona pensa di cogliere.

Può oscillare da un delirio lucido, sistematizzato, ad un delirio meno sistematizzato, più bizzarro: dalla semplice sensazione di un qualcosa che sta avvenendo fino ad una paranoia dove il delirio ha una sua logica, ma la premessa manca del confronto con il dato di realtà, che è la caratteristica principale del delirio.

La persona, cioè, si forma, in un primo momento, un giudizio che non confronta con la realtà, poi, si forma il delirio e continua a non esserci un confronto con la realtà, ma questo non significa che il delirio in sé non abbia una sua logica.[…]

e mi fermo qui, perchè poi entra nei particolari con esempi clinici. Intanto mi ha sorpreso il fatto che il termine “mania” sia improprio per questo disturbo, ed è invece corretto parlare di delirio, anche perchè a me questo termine sembra in realtà un po’ troppo forte ed esagerato, almeno in certi casi diciamo “blandi”. Da qui, sono andata a sbirciare su Wikipedia, non sotto “mania”, ma sotto “delirio”, e mi sembra utile citarne qualche passo:

[…]In psichiatria, il termine delirio indica una varietà di stati mentali confusionali in cui l’attenzione, la percezione e la cognizione del soggetto appaiono significativamente compromesse. In questo caso è meglio utilizzare il termine Delirium. Di per sé il delirium non è una patologia quanto una sindrome (un complesso di sintomi) che può presentarsi in diverse forme, essere acuta o cronica ed essere espressione di una sofferenza metabolica del cervello che può avere molteplici cause. Il termine «delirio» deriva dal latino lira, “solco”, per cui delirare significa etimologicamente “uscire dal solco”, ovvero dalla dritta via della ragione.[1]

Il termine delirio in senso stretto (convincimento errato incorreggibile) si riferisce ad un disturbo del contenuto del pensiero, che può essere presente in varie malattie psichiche (psicosi), ad esempio nella schizofrenia, negli episodi depressivi o maniacali con sintomi psicotici, nel disturbo delirante cronico (o paranoia). Le forme croniche di delirio, basate sull’elaborazione razionale e lucida di un sistema di credenze errate, possono essere l’unico sintomo di una patologia psichica, in questo caso si parla in particolare di disturbo delirante cronico o paranoia.[…]

e ho letto che ci sono varie tipologie di delirio, più o meno gravi, tra le quali cito quelle che ritengo tra le più comuni (e anche non eccessivamente scioccanti)

[…]

  • delirio interpretativo: il soggetto interpreta fatti casuali come fatti a lui legati, sentendosi l’attore principale o sentendosi indicato come parte in causa;
  • delirio di persecuzione: il paziente ritiene di essere oggetto di una persecuzione (situazione spesso identificata anche col termine paranoia);[…]

e purtroppo questi casi ci sono. Un’amica psicologa tempo fa mi disse che nella vita quotidiana tutti abbiamo le nostre piccole schizofrenie e patologie, e queste ne fanno parte, anche se forse sono un po’ più che piccole, direi, visto che si parla di persone che vivono nella convinzione di venire costantemente fregate, imbrogliate, o imitate (o, meglio, copiate), e distorcono tutto quello che ricevono dagli altri, attribuendo al prossimo intenzioni neanche lontanamente pensate. Considerando ciò,  le persone di questo tipo possono risultare pericolose, di vari livelli di pericolosità, certo, nel senso che possono arrivare a danneggiare (in quanto si sentono appunto minacciate) non in modo estremo, ma comunque danneggiano. Ma mi chiedo, qual è l’origine di tutto questo? le paure?
Io penso che, senza ovviamente fare di tutt’erba un fascio (questo mai), in molti casi si tratti di “insicurezza”, ma non l’insicurezza di se stessi (che in genere porta ad un’altro tipo di chiusura), bensì un’insicurezza estrema verso l’esterno, una totale mancanza di fiducia, che impedisce loro ogni eventuale tentativo di fugare le paranoie. E non è facile farle ragionare (e leggendo l’articolo qui sopra se ne può capire il perchè), è come se si innescasse un meccanismo per cui interpretano ogni particolare, magari innocuo, in modo distorto, e del tutto errato.

NB: è implicito che, quando tratto questi argomenti, che ritengo importanti e delicati, non mi riferisco mai a patologie gravi e serie, e delle quali non mi sento assolutamente in grado di poter parlare. Mi riferisco solo a quelle “piccole” schizofrenie quotidiane di cui mi parlò la mia amica, e di cui in un modo o nell’altro siamo tutti soggetti.

(succublog splinder: 22/06/2011)

Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Tenerezza

Tenerezza

è esattamente questo che provo, ogni volta, verso chi, sia umano o animale, riceve delusioni da qualcosa o qualcuno. Ad esempio, Teo, il cane di mio fratello, bello come il sole, ha avuto la sfortuna di scontrarsi con un pitbull al parco. Fortunatamente erano entrambi a guinzaglio. Si sono azzannati al muso, non riuscivano a staccarli, nonostante i padroni fossero là, e Teo ha riportato segni su muso orecchio e collo. Fatto sta che dopo l’episodio Teo sembrava mogio mogio. E mi è scoppiata la tenerezza, il senso di protezione, misto ad un dispiacere enorme per lui, che magari è andato al parco con tutto il suo ottimismo e gioia di vivere, e si è invece scontrato con la dura realtà prendendo una bella batosta. E’ questo il punto che scatena in me la tenerezza. Vorrei stringerlo e ridargli fiducia nella vita e nella natura (in questo caso animale, ma in molti casi anche umana). Così mi succede anche con le persone, specie quelle a cui tengo. Quando vivono le esperienze con ottimismo e fiducia ma vengono colpite duramente da situazioni o da reazioni o azioni o anche parole umilianti degli altri. La delusione sul loro volto è insostenibile per me, e scatta l’impulso di ridar loro fiducia, e riaccendere l’ottimismo che avevano e che è stato brutalmente spento e trasformato in tristezza.
A proposito, questo è Teo, il protagonista di questo post,
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abbigliato in stile  “in incognito”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(succublog splinder: 13/06/2011)

Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Ma possibile che io sono sempre la solita eccezione che conferma la regola?

Ma possibile che io sono sempre la solita eccezione che conferma la regola?

sempre più conferme che la gente per lo più si accontenta di rapporti superficiali. Si fa bastare questo, e le poche nozioni che sente o capta per dire di conoscere una persona o persino parlare di amicizia. Non serve approfondire, anzi, è spesso ritenuto nocivo. E, colmo dei colmi, vanno avanti, in alcuni casi per anni, basandosi sulla convinzione di conoscere gli altri, di sapere bene come sono fatti, dicendo cose tipo “ma ora fa così per questo, ora dice così perchè pensa questo”…e non possono sbagliarsi più di così. Tanto che poi, a distanza di tempo, cascano dalle nuvole quando scoprono di essersi illusi e pensano di trovarsi davanti una “persona diversa”. Non è diversa, è la stessa, solo che loro non hanno mai visto come è veramente. Ho provato questa cosa sulla mia pelle; gente convinta di sapere come sono fatta, di capire profondamente cosa provavo e cosa no, ma convintissima, e che invece era lontanissima dalla verità. Ma questo non ha importanza, per loro, non hanno interesse a sapere la verità, a loro bastano le idee (sballate) che si sono fatti spesso con enorme presunzione. E ciò riguarda sia gli aspetti negativi che quelli positivi, eh. Riescono ad attribuire anche pregi inesistenti. La tendenza è quella di vivere i rapporti nell’illusione, evitando accuratamente, per paura o per superficialità caratteriale, di chiedere conferme o smentite ai diretti interessati. A me, che appunto ci sono capitata, dà enorme fastidio questo fatto. Sentirmi attribuiti sentimenti o emozioni o aspetti che non appartengono nemmeno lontanamente a quello che sono è una delle cose che detesto di più in assoluto. E non mi interessa minimamente che a certe persone non importa approfondire o sapere la verità, non hanno nessun diritto di affibbiarmi cose senza chiedere a me se si sbagliano oppure no. Io domando sempre, non mi azzardo nè a mettere in dubbio nè ad appioppare sentimenti o che ad un’altra persona, che la conosca da tempo o meno, non lo farei mai con nessuno. Nel rapporto si interagisce, SEMPRE, o almeno io faccio così, quindi domando e l’altro risponde, specialmente e innanzitutto se è qualcosa che riguarda la sua persona e non la mia. Interazione e scambio sono fondamentali nei rapporti, soprattutto tra adulti. Invece qua pare che si vive di illusione e fraintendimenti. E si fanno stare bene le cose in questo modo.
Io assolutamente no, non ci sto.

(succublog splinder: 06/06/2011)

Dic 28, 2011 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Riparliamo di Facebook

Riparliamo di Facebook

indubbiamente il fenomeno del momento. Ieri leggevo un articolo interessante su una rivista: 5 motivi per odiare Facebook e 5 motivi per amarlo. A me è sembrato che i motivi per odiarlo siano molto più gravi di quelli per amarlo. Fermo restando, ripeto, che non è Facebook in sé, non è il mezzo il problema, ma la gente che lo usa. Già l’illusione/scusa piuttosto frequente di nascondersi dietro all’idea di privacy è fuori luogo, perchè là, come ovunque su internet, siamo ben esposti, e chi sa farlo può tranquillamente sfondare la nostra “privacy” in un attimo, se vuole. Questo è un dato di fatto, è inutile che ci si illude di essere al sicuro, su Facebook c’è il controllo e i nostri dati sono esposti a tutti. Per cui basterebbe che chi usa internet, Facebook incluso, lo faccia con piena cognizione di causa di quello che fa, e nella totale consapevolezza (che tutti dovremmo avere) che quello che viene scritto è di dominio pubblico, di conseguenza nella completa responsabilità di chi lo scrive.
Ma torniamo all’articolo. 5 motivi per amarlo e 5 per odiarlo. Tra i motivi per amarlo c’è, tipo,

  • favorire le coppie gay – e non capisco bene cosa c’entri Facebook;
  • favorire la socializzazione – e questo punto è a doppio taglio perchè può essere anche uno dei motivi per odiarlo, visto che le delusioni e le fregature fioccano;
  • informare su eventi ed avvenimenti in tutto il mondo;
  • promuovere le iniziative benefiche e sensibilizzare verso condizioni umanitarie ed animali- unico punto su cui sono d’accordo, trattandosi di uno spazio molto frequentato, può essere un ottimo mezzo per rendere attivi interventi e sollevare coscienze. Ecco, questo sì, può essere un ottimo motivo, e più che sufficiente, per usare Facebook, invece di tante schifezze che vi si trovano;
  • permettere di scrivere il testamento biologico – anche qui non ho capito cosa c’entra Facebook. Viene indicato anche un link diretto (pubblicità?). Beh, io che sono dentro facebook non ne sapevo niente, ho dovuto leggere questo articolo (cartaceo) per venirne a conoscenza.

Questi tra i motivi per amarlo. Quelli per odiarlo mi sembrano più rilevanti:

  • pericolo di diffusione della pedofilia – statisticamente, gli utenti di facebook più assidui vanno tra i 9 e i 13 anni. Molto preoccupante. Perchè si sottovaluta la presenza (purtroppo c’è!) di gente malfidata e pericolosa, o senza scrupoli, che guadagna su queste cose già nella vita reale figuriamoci su internet , che ha il grande vantaggio (per i più pericolosi) di garantire l’anonimato…
  • aumento dello stress – funziona che più amici si hanno meno “sfigati” si è (mentalità sbagliatissima e deleteria), e di conseguenza “bisogna” assolutamente aggiornare il profilo ogni giorno, far sapere di sè, condividere link che ti fanno apparire buono, e che possano raccogliere più “mi piace” possibile; insomma, è tutto falsato, bisogna stare al passo, trottare come matti per mantenere una posizione che al 99% è totalmente fasulla e finta, da cui un notevole stress. Obiettivamente, come si può valutare una persona in base a numeri o frasi fatte e che magari nemmeno pensa?
  • aumento dei divorzi – perchè facebook permette di ritrovare vecchie amicizie, o conoscerne nuove, e (sempre grazie all’anonimato) mette in moto le menti senza scrupoli che si gettano in avventure o addirittura storie fino ad arrivare a sfasciare famiglie con relativa facilità;
  • fa perdere il lavoro – tramite tag di foto “compromettenti” o situazioni che possono essere viste (evviva la privacy) da chiunque, e arrivare alle orecchie dei datori di lavoro… da cui le conseguenze;
  • favorisce l’anoressia – a causa di immagini di una tipologia di donna a cui molte giovani mirano di arrivare.

Questo diceva l’articolo. Ora, Facebook è ormai un fenomeno di massa, c’è poco da fare. E se non fosse che troppo spesso i fenomeni di massa si trasformano in “isterismi di massa”, andrebbe anche bene. Ma come sempre, si tende ad arrivare agli eccessi: si parte da una cosa tranquilla che, essendo aperta a tutti,  finisce nelle mani sbagliate e addio. Questo è un fatto. Come è un fatto che si sta diffondendo sempre di più, le nuove generazioni praticamente ci stanno crescendo sopra. E allora? Come andrà a finire? E’ il solito cane che si morde la coda.

(succublog splinder: 02/06/2011)

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